L’obiettivo era concedere più tempo a imprese e Comuni per adeguarsi alla nuova disciplina sui rifiuti urbani ed ai relativi impatti sulla Tari. Invece, in sede di discussione sul decreto Sostegni, è stato approvato un emendamento, modificato rispetto al testo iniziale, che è un vero pasticcio e sicuramente complica ulteriormente la vita alle imprese. Lo denunciano CNA e le altre Confederazioni dell’artigianato.
In pratica, si chiede alle imprese di comunicare entro il 31 maggio prossimo quali rifiuti urbani intendano conferire al di fuori del servizio pubblico, sfruttando una opportunità prevista dal decreto legislativo 116/2020 (che ha modificato il Codice dell’Ambiente), ai fini della conseguente applicazione o meno della Tari a partire dal 2022.
“Con otto mesi di anticipo, in un contesto di estrema incertezza, e considerando che i Comuni non hanno ancora adeguato i propri regolamenti e tariffe alle nuove regole, è impensabile che le imprese abbiano gli elementi per effettuare la scelta più funzionale alle proprie esigenze e, di conseguenza, darne comunicazione al Comune”, scrivono le associazioni di rappresentanza dell’artigianato e della piccola impresa.
Dovrebbe essere concesso tempo almeno fino al 30 settembre.
Per il futuro, si prevede altresì che la scelta avvenga entro il 30 giugno di ogni anno, con riferimento all’anno successivo. “Ancora più incomprensibile risulta il mancato intervento sulla previsione che vincolerebbe per cinque anni la scelta dell’impresa. Questo orientamento è stato contestato anche dall’autorità Antitrust con una segnalazione inviata al governo”, evidenziano CNA e le altre Confederazioni, che avevano chiesto di cancellare il riferimento ai cinque anni, tanto più che a ritenerlo indicativo e non vincolante è peraltro una recente interpretazione del Ministero della Transizione ecologica.