Il decreto Sostegni Bis interviene in materia di integrazione salariale, introducendo diverse novità. Vediamo le principali.
I datori di lavoro privati che rientrano nel campo di applicazione della CIG, in alternativa al regime ordinario di cassa integrazione, possono presentare domanda di CIGS in deroga – al fine di fronteggiare le conseguenze derivanti dalla riduzione dell’attività lavorativa dei lavoratori in forza alla data del 26 maggio 2021- alle seguenti condizioni:
– qualora abbiano subito, nel primo semestre dell’anno 2021, un calo del fatturato del 50% rispetto al primo semestre dell’anno 2019;
– per una durata massima di 26 settimane nel periodo intercorrente tra il 26 maggio 2021e il 31 dicembre 2021;
– in deroga alle disposizioni indicate agli articoli 4 (durata massima complessiva) e 21 (causali di CIGS) del Dlgs 148/2015;
– previa stipula di accordi collettivi aziendali ai sensi dell’articolo 51 del Dlgs 81/2015 nei quali sia prevista:
- la riduzione media oraria dei lavoratori interessati dall’accordo collettivo non superiore all’80% dell’orario giornaliero settimanale o mensile;
- per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non superiore al 90% nell’arco dell’intero periodo per il quale l’accordo collettivo è stipulato.
Ai lavoratori impiegati a orario ridotto è riconosciuto un trattamento speciale di integrazione salariale:
- in misura pari al 70% della retribuzione persa, senza l’applicazione dei limiti di massimali mensili e la relativa contribuzione figurativa:
- il trattamento retributivo perso va determinato inizialmente non tenendo conto degli aumenti retributivi previsti da contratti collettivi aziendali nel periodo di sei mesi antecedente la stipula dell’accordo collettivo;
- il trattamento di integrazione salariale è ridotto in corrispondenza di eventuali successivi aumenti retributivi intervenuti in sede di contrattazione aziendale.
Gli accordi collettivi aziendali devono specificare le modalità attraverso le quali l’impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, può modificare in aumento, nei limiti del normale orario di lavoro, l’orario ridotto. Il maggior lavoro prestato comporta una corrispondente riduzione del trattamento di integrazione salariale.
Per i trattamenti concessi, entro il limite massimo di spesa pari a 557,8 milioni di euro per l’anno 2021, non è dovuto dal datore di lavoro alcun contributo addizionale.
Sono esonerati dal pagamento del contributo addizionale fino al 31 dicembre 2021 i datori di lavoro privati rientranti nel campo di applicazione della CIG che, a decorrere dal 1° luglio 2021, presentino domanda di integrazione salariale ordinaria o straordinaria.
Il beneficio contributivo è riconosciuto nel limite di minori entrate contributive pari a 163,7 milioni di euro per l’anno 2021.
Per i datori di lavoro che presentino domanda di integrazione salariale ordinaria o straordinaria, permane anche oltre il 30 giugno 2021 il cosiddetto blocco dei licenziamenti, quindi:
- restano precluse l’avvio delle procedure previste agli articoli 4, 5 (in materia di mobilità) e 24 (in materi di riduzione del personale) della legge 223/1991 per la durata del trattamento di integrazione salariale fruito entro il 31 dicembre 2021 e nel medesimo periodo, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 604/1966;
- restano altresì sospese nel medesimo periodo le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020 – fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto – e le procedure in corso di cui all’articolo 7 della legge 604/1966.
Le sospensioni e le preclusioni del blocco dei licenziamenti non si applicano nelle ipotesi di:
- licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa;
- cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile;
- accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono all’accordo. A detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di NASpI;
- licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione.
Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.
Viene altresì prorogata l’indennità omnicomprensiva pari a 1.600 euro per i lavoratori stagionali, del turismo e dello spettacolo (art. 42).
Proroga di sei mesi anche per la CIGS nel caso di cessazione di attività per le aziende di particolare rilevanza strategica sul territorio (art. 45).
Differito al 20 agosto 2021, senza alcuna maggiorazione, il versamento contributivo dei soggetti iscritti alle gestioni autonome speciali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali, in scadenza al 17 maggio 2021 (art. 47).
Ai datori di lavoro del settore del turismo e degli stabilimenti termali e del commercio è riconosciuto un esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico entro il 31 dicembre 2021, nel limite del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2021. Ai beneficiari dell’esonero si applica il divieto di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo e licenziamento collettivo.
Info: CNA, Area Politiche per il Lavoro. Telefono 0761 2291 – 229214.