Ancora luci e ombre per il mercato dei serramenti negli edifici residenziali e non residenziali: è quanto emerge dal secondo Rapporto congiunturale previsionale sul mercato dei serramenti in Italia, curato dal Cresme con la collaborazione del Consorzio LegnoLegno e presentato oggi da CNA Produzione nazionale. Accompagnato da tre proposte, alla cui base c’è una idea precisa: per sostenere la domanda e i consumi, la leva fiscale è strategica.
Le luci, dunque. Tra quest’anno e il 2021, la previsione di crescita annua è dell’1,4 per cento per il comparto residenziale e dell’1,6 per il non residenziale. In totale, 5,55 milioni di unità, di cui 5,34 milioni nel residenziale. Positivo anche l’andamento delle esportazioni. Nel 2018 dovrebbero registrare un incremento del 2,6 per cento sul 2017, toccando i 614 milioni circa, a fronte però di importazioni aumentate del 9,3 per cento e salite a quasi 234 milioni.
Ma ecco subito le ombre. “Questi dati non devono far dimenticare che il mercato dei serramenti è stato duramente colpito da una crisi che ha lasciato ferite profonde, e non rimarginate, nel corpo della nostra economia, in particolar modo nel mondo delle costruzioni”, osservano a CNA Produzione.
Il mercato di riferimento del settore è principalmente quello del recupero edile, a causa della diminuzione degli investimenti nelle nuove costruzioni. “Qui la leva fiscale ha un ruolo fondamentale”, concorda Luigia Melaragni, segretaria della CNA di Viterbo e Civitavecchia. Lo dimostra il fatto che dal 2007 ad oggi il cosiddetto ecobonus ha generato un fatturato superiore ai dieci miliardi per il settore dei serramenti nel suo complesso. A preoccupare la CNA, è perciò una eventuale rimodulazione degli incentivi dopo la riduzione al 50 per cento del bonus per la riqualificazione energetica.
Per evitare un ridimensionamento del settore così come la crescita dell’abusivismo, delle emissioni di anidride carbonica e degli acquisti all’estero di gas e petrolio, CNA chiede al governo tre cose concrete: rendere strutturale l’ecobonus; mantenere al 65 per cento l’incentivo fiscale come stimolo a rendere più efficienti energeticamente gli edifici e differenziarlo così dal bonus per le ristrutturazioni, che è del 50 per cento ma che prevede limiti di trasmittanza termica meno performanti; introdurre, per tutti i soggetti potenzialmente interessati all’ecobonus, la cessione del credito alle banche in luogo della detrazione, per consentire un effetto moltiplicatore sulla domanda interna.