Nel 2017 è tornata nella Tuscia un po’ di luce, se, come rivela il Rapporto di Movimprese, il tasso di crescita delle imprese ha raggiunto l’1,10 per cento (+ 0,75 la media nazionale, + 1,65 quella del Lazio, regione che vanta il maggior numero di iscrizioni). Si registra dunque una inversione di tendenza rispetto all’anno precedente, con un saldo positivo di 411 imprese.
Ma chiude di nuovo in rosso l’artigianato: – 88, poiché le cessazioni, 542, superano le iscrizioni, 454. Nel comparto si contano dunque, oggi, 7.394 imprese attive.
Nel resto della penisola invece nel 2017 le imprese iscritte negli albi delle Camere di Commercio sono aumentate di 45.710 unità (+0,75%) portando lo stock delle imprese registrate a quota 6.090.481 unità, il valore più alto dal 2012.
Purtroppo, la crescita della base imprenditoriale non ha toccato l’artigianato che, nel 2017, accusa un nuovo saldo negativo di 11.429 imprese (-0,9%), dopo quelli registrati in maniera ininterrotta a partire dal 2009.
Alla fine dell’anno appena trascorso le imprese artigiane registrate erano 1.327.180, ovvero 15.209 unità in meno rispetto al 2016, una perdita di 41 imprese artigiane al giorno.
Dall’inizio della crisi a oggi il numero di imprese artigiane è diminuito del 10,2% toccando il nuovo minimo degli anni Duemila.
Tornando alla Tuscia viterbese, secondo la segretaria della CNA di Viterbo e Civitavecchia, Luigia Melaragni, “indubbiamente il dato delle chiusure è più contenuto rispetto al 2016, anno in cui registrammo un saldo negativo di 174 imprese. Ma lo stato del comparto richiede la massima attenzione. Si evidenzia un incremento nei servizi alla persona e in quelli di informazione. Qualcosa comincia a muoversi in altre attività. Continua però l’erosione nelle costruzioni, nel trasporto, in settori importanti del manifatturiero”.