Mettetevi comodi. Sedia o divano va bene lo stesso, perché dopo il suo restauro è garantito che comodi ci si starà davvero. Per Ivano Menghini il detto “qui ci sono cresciuto” non è retorico: nella bottega del padre Duilio, in via Cardinal La Fontaine, ci faceva pure i compiti fin dalle elementari. E dopo ha iniziato a lavorarci, un percorso che lo ha portato oggi ad arrivare al restauro delle poltrone che si trovano all’interno del Vittoriano. Ora al suo fianco c’è il figlio Jacopo, pronto a dare continuità alla Tappezzeria Menghini.

“L’azienda – dice Ivano – nasce da mio padre Duilio, che negli anni 50 era andato a imparare il mestiere dai fratelli Tiburli a San Faustino, una vecchia tappezzeria storica dell’epoca. Io? Sono cresciuto nell’attività di famiglia, pur avendo studiato. Era lì che facevo i compiti, nel laboratorio, già dalle elementari. Mi sono trovato immerso nell’attività anche non volendo. Ho provato a fare altre cose, ma nell’età matura ho iniziato ad apprezzare la bellezza di questo mestiere”.
 
A un certo punto è scattata la scintilla. “E’ il mio campo, qui me la gioco, mi sono detto. Ed è stata la scelta giusta”. Il padre Duilio è andato in pensione nel 2001, “quindi sono subentrato io – continua Ivano Menghini – e da due anni c’è anche mio figlio Jacopo, come apprendista. Spero che prosegua l’attività di famiglia”.
 
L’impresa è specializzata nel restauro degli imbottiti, con le tecniche del 700-800, e anche quelle moderne, ma “la cosa più bella è sempre lavorare sui divani  del 700”.
 
Grazie all’esperienza ultradecennale è arrivato perfino al Vittoriano. “La richiesta – spiega – era di rifare 26 sedie e 9 poltrone esattamente con i sistemi dell’epoca. Ci hanno messo un po’ di fretta perché era in programma un evento a breve: ci hanno dato circa un mese e mezzo, le abbiamo consegnate a gennaio. Vantiamo una clientela di un certo livello a Roma, ma abbiamo ritappezzato anche la carrozza del Comune di Viterbo e le poltrone di donna Olimpia, che si trovano nella sala a fianco della sala del consiglio comunale. Questo era oltre 10 anni fa, un paio di anni fa le abbiamo però revisionate ancora”.
 
Lavorare su qualcosa che ha 2-300 anni o su una appena realizzata: differenze? “Nell’800 era fatto tutto a mano, pure imbottitura, con molle legate con cinghie in iuta e tirate con un particolare attrezzo, che ho qui e che mi ha lasciato mio padre. Sopra ci va il crine vegetale, poi uno strato di ovatta e quindi tela di iuta. Il moderno è fatto prettamente con blocchi di gomma”.
 
E qui dice la sua anche Jacopo: “È diverso il sentimento che ci si mette: andare a riparare qualcosa che è già storica per portarla avanti altri cento anni è una delle cose più belle di questo lavoro: dare continuità a qualcosa che è già antica”. “Poi – gli fa eco Ivano – c’è chi ci chiede stoffe moderne su divani antichi”. Sedie, divani, ma anche interni, tendaggi e tutto ciò che riguarda il tessile. “Il settore ora ha avuto una bella crescita, la crisi nostra è stata nel 2008, quando la gente si è buttata sui prodotti commerciali. Poi si sono resi conto che se non spendi una cifra considerevole, quel prodotto ha breve vita e non è neanche più riparabile. Oggi invece c’è molta richiesta – conclude – tanto che non riesco a stare dietro alle consegne”. Insomma, sempre di corsa per far stare tutti comodi.