Ancora un anno con il segno meno. L’artigianato della Tuscia non è riuscito, nel 2015, a interrompere la serie negativa. Anzi, rispetto al 2014 il saldo tra nuove iscrizioni e cessazioni è peggiore: – 169 imprese. Le aperture sono state 519 contro le 688 chiusure di attività. E’ un dato che non sorprende, ma certamente preoccupa Luigia Melaragni, segretaria della CNA Associazione di Viterbo e Civitavecchia. “I dati Movimprese – Infocamere confermano che gli artigiani non sono ancora riusciti a risollevarsi, mentre il totale delle imprese ha evidenziato un incremento di 146 unità. Per l’artigianato della provincia di Viterbo, il trend -osserva- non si discosta da quello nazionale: non si fermano le cessazioni. Persino nel Lazio, che pure resta in testa alla classifica delle regioni riguardo al tasso di crescita del complesso delle imprese, con un + 1,71 per cento, grazie soprattutto alla performance di Roma (+ 2,05)”.
Su 688 chiusure, ben 359 si sono registrate nell’edilizia. Con questo settore, a soffrire di più è il manifatturiero. “Nonostante il Paese stia cercando, con tanta fatica, di rimettersi in piedi, restano nodi strutturali da affrontare con determinazione. Abbiamo bisogno di maggiore discontinuità nelle scelte dei governi, ai diversi livelli, riguardo alle piccole imprese. Un ulteriore impoverimento del nostro artigianato, del made in Italy, avrebbe effetti pesantissimi sul sistema economico”, dice Melaragni.
Dal 2007 -ha calcolato la CNA- sono state spazzate via, nella Tuscia, 730 imprese artigiane attive: da 8.391 si è passati alle attuali 7.661. “E’ scomparso un pezzo importante del patrimonio imprenditoriale del territorio. Va fermata questa erosione, tanto più che molti studi economici indicano i mestieri basati sul saper fare tra i favoriti per il futuro. Più coraggio nelle riforme ma anche -conclude Melaragni- un sostegno reale all’innovazione dell’artigianato, dalle produzioni su misura alla filiera della manutenzione”.