A Civitavecchia la pressione del fisco, calcolata su un reddito d’impresa di 50mila euro, si attesta al 62,8 per cento (+ 0,2 sul 2016), oltre un punto sopra la media nazionale (61,2). Si abbassa al 60,5 (- 2,1 sul 2016) solamente nel caso delle aziende che hanno optato per l’Iri (imposta sul reddito d’impresa), le quali vedono aumentare anche il reddito disponibile a 19.757 euro (+ 1.060), mentre tutte le altre non superano i 18.578 euro (- 119 euro).
Dopo l’inversione di tendenza del 2015, quando si era rilevato un calo delle tasse del 3,5 per cento (dal 66 al 62,5), per effetto soprattutto della deducibilità completa dall’Irap del costo dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato, nulla, dunque, è cambiato. Quel trend si è arrestato. “L’unica novità riguarda chi ha scelto l’applicazione dell’Iri, l’imposta che sostituisce l’Irpef e le addizionali regionali e comunali ed è fissata, per il 2017, al 24 per cento sui redditi prodotti e lasciati in azienda – osserva Emiliano Brizi, responsabile dell’Area Politiche Fiscali e Tributarie della CNA di Viterbo e Civitavecchia -. L’opzione, che può essere effettuata da tutte le imprese, tranne le società di capitale, in contabilità ordinaria è interessante quando si reinvestono gli utili in azienda a medio termine. Nella nostra realtà, la percentuale delle imprese in regime di Iri è irrisoria”.
Nel dettaglio, l’incidenza dell’Irpef e dell’aliquota Ivs (Invalidità-vecchiaia-superstiti) è pari al 39,4, delle imposte regionali al 7,2 e di quelle comunali al 16,2 per cento. Insomma, nel 2017 l’imprenditore di Civitavecchia dovrà lavorare fino al 16 agosto (tax free day), ovvero 229 giorni, per liberarsi dell’ingombrante “socio” fisco, solo 136 per i consumi personali.
Nella classifica generale dei 135 comuni, che vede Trento prima come la città più virtuosa, con il total tax rate al 54,1 per cento, Civitavecchia è al 97° posto. Maglia nera a Reggio Calabria, con il 73,4, preceduta da Bologna con il 72,1 e Roma con il 69,3. E quest’ultima, nel confronto con i Paesi pari taglia europei, è la capitale che, dopo Parigi, più divora risorse alle imprese sotto forma di tributi e contributi.
“Lavorare e, soprattutto, programmare gli investimenti, pure urgenti, nell’innovazione delle attività, con questa pressione fiscale è veramente difficile. E non è confortante vedere che, dal 2011 ad oggi, si è verificato addirittura un aumento della tassazione complessiva dell’1,9 per cento, con un significativo incremento per Irpef e Ivs (5,7 per cento) e per i tributi comunali. Versiamo, in quest’ultimo caso, il 5,5 per cento in più per servizi che non funzionano”, è il commento di Alessio Gismondi, presidente della CNA di Civitavecchia.