E’ un dramma senza fine quello dell’edilizia italiana. Le costruzioni assistono da 18 trimestri consecutivi, quasi 5 anni, ad una contrazione del numero degli occupati che non ha pari in altri settori economici e che pare non finire mai. Secondo l’Istat, dalla fine del 2009 alla fine del 2014 gli occupati persi sono 500.000, un quarto del totale. Dati confermati anche dalla CNA, che sottolinea però come considerando l’intero indotto, la cifra salga ulteriormente a 790 mila occupati, per 68 mila imprese che hanno chiuso i battenti in sette anni (2008-2014).  E crisi sarà anche nel 2015, avverte la CNA: “per questo è necessario investire subito in infrastrutture pubbliche e semplificare norme e procedure”.

costruzioni

Secondo la Confederazione Nazionale dell’Artigianato dal 2008 al 2014 gli investimenti in costruzioni sono diminuiti del 32%, per un valore di 64 miliardi di euro. Nel solo 2014 il calo delle nuove costruzioni è stato del -8,8; del non residenziale privato del -7%. Sempre nel 2014 il settore del recupero residenziale ha segnato un valore positivo (+2%), ma considerando i volumi in oggetto – sottolinea la CNA – anche se di segno più, il recupero non riesce ad avere un effetto trascinatore sull’intera edilizia.

E’ necessario rilanciare il settore seguendo due grandi direzioni di marcia – sostiene la CNA -. La prima è investire in infrastrutture pubbliche, in particolare nella rigenerazione delle città e delle periferie con attenzione alla riqualificazione energetica del costruito, così come nei settori di intervento a copertura del rischio idrogeologico dei territori e nell’edilizia scolastica. Su questi temi la CNA, insieme alle altre associazioni datoriali di categoria, partecipa ad un tavolo con il Governo per la stesura di una lista di opere cantierabili, raccolte sulla base di segnalazioni provenienti dal territorio e dalle Amministrazioni pubbliche.

La seconda direttrice da percorrere, per la CNA, è la semplificazione di norme e procedure, in primis riscrivendo il Codice degli Appalti pubblici. Dicendo NO a procedure lunghe, leggi speciali e deroghe alle norme, qualificando le stazioni appaltanti e rendendo effettivo l’accesso delle MPMI al mercato degli appalti pubblici.