Lo sconto in fattura per i lavori relativi a Ecobonus e Sismabonus restringe la concorrenza con effetti negativi sui consumatori e danneggia artigiani, piccole e medie imprese. È molto severo il giudizio espresso dall’Autorità Antitrustsull’art. 10 del Decreto Crescita.
In una segnalazione inviata il 17 giugno ai presidenti di Camera e Senato e al presidente del Consiglio, l’Autorità garante del mercato indicava che il sistema di incentivazione fiscale per gli interventi di efficientamento energetico rischia di essere fruibile, nei fatti, solo dalle grandi imprese.
Nella segnalazione, l’Antitrust sollecitava in fase di conversione in legge del decreto l’introduzione della facoltà di cessione del credito a terzi. In effetti, il testo del provvedimento approvato in via definitiva dal Parlamento prevede la possibilità di cessione del credito ma limitatamente ai propri fornitori, escludendo la facoltà di cedere il credito a banche e istituzioni finanziarie.
La norma è stata aspramente criticata da CNA e dal sistema delle piccole imprese che nel corso dell’iter parlamentare hanno proposto la possibilità di vendere il credito d’imposta sulla spesa effettuata direttamente alle banche.Una richiesta condivisa dall’Antitrust, la massima autorità per la tutela del mercato e della concorrenza. La modifica introdotta dal legislatore tuttavia è parziale in quanto limita la possibilità di cessione del credito d’imposta da parte delle imprese che svolgono gli interventi di riqualificazione energetica.La stessa Autorità nella segnalazione ha indicato la necessità per le piccole imprese di poter cedere il credito d’imposta a “terzi”, senza distinzioni, con modalità opportunamente definite dall’Agenzia delle Entrate.
La segnalazione dell’Autorità garante del mercato riconosce la legittimità e la correttezza delle critiche espresse dal tessuto delle piccole imprese nei confronti di un meccanismo che favorisce unicamente le grandi, che possono praticare gli sconti corrispondenti alle detrazioni fiscali “senza confronti concorrenziali , potendo compensare i correlativi crediti d’imposta in ragione del consistente volume di debiti fiscali, godendo anche di un minor costo finanziario connesso al dimezzamento da dieci a cinque anni del periodo di compensazione del credito d’imposta”.
Il giudizio dell’Antitrust, in sostanza, riconosce che la posizione assunta dal mondo delle piccole e medie imprese sull’art. 10 del Decreto Crescita non era una difesa corporativa finalizzata alla tutela di interessi. Al contrario, anche in questa circostanza, il sistema delle piccole imprese ha invocato la difesa dei principi della concorrenza e del mercato, gli unici che possano garantire la più ampia libertà di scelta ai consumatori. A questo punto, chiediamo alla politica di fare proprie le indicazioni dell’Antitrust e di CNA.