E’ stata costante, negli ultimi anni, la concentrazione del mercato dei contratti pubblici. Nel 2020, oltre i 2/3 del totale dei bandi presentano importi superiori ai 5 milioni di euro e la fetta più ampia, ben il 44% del totale, è sopra i 25 milioni. Nel settore Lavori, in particolare, i bandi oltre i 5 milioni rappresentano più del 70% del totale e la quota di bandi sopra i 25 milioni arriva al 53%, sempre del totale. Il risultato è che alla stragrande maggioranza delle piccole e piccolissime imprese (oltre il 96%) è riservato (ma solo potenzialmente) soltanto il 17% del mercato degli appalti pubblici. L’83% è concentrato in meno del 4% delle imprese.
Nei fatti, il progressivo aumento dell’importo a base di gara ha comportato l’emarginazione di micro e piccole imprese, in palese contraddizione con le direttive europee in materia.
Lo ha evidenziato CNA, dati alla mano, nel corso dell’audizione davanti alla Commissione Ambiente della Camera sulla delega in materia di contratti pubblici, sostenendo che è necessario riscrivere il Codice degli appalti del 2016: “Occorre uscire dalla logica della perenne manutenzione normativa, che genera confusione e disorientamento tanto nelle imprese quanto nella pubblica amministrazione”.
La delega per la riforma del Codice deve prevedere – per la CNA – una formulazione precisa dei principi fondamentali delle direttive comunitarie che riguardano la facilitazione dell’accesso al mercato degli appalti di micro, piccole e medie imprese, la riduzione degli oneri a carico delle imprese, semplificazione e trasparenza.
Nella delega non trova però riscontro la previsione di favorire la partecipazione delle imprese attraverso diverse forme di aggregazione, anche superando le penalizzazioni nei confronti dei consorzi costituiti in forma cooperativa.
“I numeri forniti dalla nostra Confederazione – osserva Luigia Melaragni, segretaria della CNA di Viterbo e Civitavecchia – fotografano un Paese che, in concreto, non riconosce il peso e il valore del nostro grande patrimonio di piccole e piccolissime imprese. E’ per noi centrale, invece, individuare strumenti che favoriscano la partecipazione delle piccole imprese locali e tutelino i contesti economici territoriali”.
Tra le proposte, la limitazione dell’utilizzo del subappalto almeno nell’ambito del sottosoglia, che obbligherebbe l’impresa appaltatrice ad avere al proprio interno le risorse per eseguire la maggioranza della propria attività caratteristica, consentendo di ricorrere a risorse esterne solo per quelle attività che possono presentare caratteristiche di specialità.
Sulle stazioni appaltanti, CNA auspica che la previsione del monitoraggio del processo di accorpamento risponda anche all’esigenza di evitare ulteriori concentrazioni del mercato.
La CNA, infine, sostiene da tempo la necessità di creare un quadro completo e strutturato in materia di appalti pubblici, la cui disciplina, a causa di deroghe e rinvii dettati anche dallo stato di emergenza sanitaria, al momento appare confusa e disorganica sia per gli operatori che per i funzionari amministrativi.