“Il decreto Sostegni deve prevedere una netta discontinuità riguardo a criteri, risorse e tempistica per l’erogazione dei contributi a fondo perduto alle imprese”. E’ la sollecitazione di CNA al governo. Senza una profonda revisione del meccanismo finora applicato, infatti, meno di un quarto delle imprese che hanno subito riduzioni del fatturato nel 2020, potrà accedere ai benefici, con un importo medio inferiore ai mille euro. Un risultato considerato dalla Confederazione inaccettabile per milioni di artigiani e piccole imprese schiacciati da una crisi economica senza precedenti e che ripongono grandi aspettative rispetto alle assicurazioni annunciate da esponenti dell’esecutivo e della maggioranza sul sostegno alle attività economiche. Lo scostamento di bilancio è stato approvato dal Parlamento tre mesi fa e ancora non c’è il provvedimento sui ristori.
Il ragionamento di CNA è chiaro e si basa sui dati. Oltre al superamento, finalmente, dei codici Ateco, sono fondamentali due criteri per assicurare contributi in modo equo e coerente ai pesanti effetti della pandemia: eliminare la rigidità della soglia della flessione del fatturato superiore al 33% e ampliare il periodo di riferimento ben oltre le media di un singolo mese.
Simulazioni effettuate dal Centro Studi di CNA sulle contabilità di 12mila imprese con fatturato fino a 5 milioni di euro, evidenziano che nel 2020 l’81,2% delle imprese ha registrato diminuzioni del giro d’affari, ma solo una impresa su quattro ha accusato una perdita superiore al 33% rispetto all’anno precedente. Oltre il 75% delle imprese, pur avendo registrato una significativa flessione del fatturato, spesso non lontana da un terzo, sarebbe quindi escluso dai nuovi indennizzi.
La CNA chiede al governo di cancellare il 33%, sostituendolo con un meccanismo che riduca progressivamente il beneficio. E’ necessario, quindi, ampliare il periodo sul quale commisurare gli indennizzi e concentrare il ristoro soprattutto sulle imprese più piccole maggiormente colpite dalla pandemia.