La bolletta elettrica per le imprese italiane è sempre più salata e si amplia in modo preoccupante il divario rispetto agli altri paesi europei. Nel 2019 le imprese italiane hanno sopportato un costo dell’energia elettrica superiore del 36% rispetto alla media dei partner comunitari, uno spread in significativo allargamento di 20 punti in appena un anno (nel 2018 il differenziale era pari al 17%). La dinamica riflette l’andamento diverso dei prezzi. Nella media comunitaria il rincaro della bolletta è stato di appena l’1%, mentre in Italia ha sfiorato il 20%.
Si tratta di un evidente svantaggio competitivo che va a sommarsi agli oneri impropri generati da fisco, costo lavoro e burocrazia. Il confronto con il resto dell’Europa diventa impietoso prendendo a riferimento la classe di consumo fino a 20 MWh dove si concentrano artigiani e micro imprese. Per loro l’energia elettrica costa il 54,3% in più rispetto alla media dell’UE e in appena un anno il prezzo per KW/h è schizzato del 35,8%, da 22,6 a 31,1 centesimi mentre la media europea mostra un incremento del 6,7%. Nella classe di consumo fino a 20 MW/h le imprese italiane sopportano una bolletta più cara del 21,5% rispetto alla Spagna, 37% Germania, 63,7% Gran Bretagna ed è quasi il doppio rispetto a una micro impresa francese.
I dati sull’Osservatorio Energia 2020 elaborati dal Centro Studi della CNA evidenziano che le imprese italiane sono doppiamente svantaggiate rispetto ai competitor europei. Da un lato sopportano il prezzo della componente energia più alto e dall’altro sono gravate da un prelievo fiscale in bolletta completamente sproporzionato e che l’anno scorso è lievitato rispetto al 2018.
Artigiani e micro imprese sono i più penalizzati in quanto oltre a pagare i prezzi maggiori su tutte le componenti della bolletta elettrica (Energia, Rete di distribuzione, oneri e imposte) rispetto alle grandi, devono sopportare una bolletta mal strutturata nella quale le voci Rete di distribuzione e Oneri e imposte pesano per oltre il 50% del prezzo finale.
A titolo di esempio le micro imprese pagano la componente energia 11,1 centesimi, il 38,7% in più delle imprese cosiddette energivore (consumi tra 75mila e 150mila MW/h) e l’onere per la rete di distribuzione è sette volte più elevato rispetto alle grandi. Il risultato è che la componente energia incide soltanto per il 35,8% nel prezzo finale per le piccole, mentre per le energivore rappresenta il 74%.
Lo struttura fortemente sbilanciata della bolletta comporta che artigiani e micro imprese sostengono oltre un terzo degli oneri generali di sistema che l’anno scorso sono ammontati a 15 miliardi pur in presenza di consumi contenuti. Le grandi imprese connesse in alta e altissima tensione hanno contribuito soltanto per 1,7 miliardi di euro.