Osservatorio nazionale professioni, ecco l’edizione 2017 della CNA. Il terzo rapporto annuale sulle professioni non ordinistiche è stato presentato questa mattina al Tempio di Adriano a Roma. Di seguito, un’ampia sintesi.
Professionisti (non ordinistici) anti-crisi
Negli anni della crisi la crescita dei professionisti non ordinistici è andata al galoppo. Tra il 2009 e il 2016 sono aumentati di 80.428 unità, il 32,9% in più. Complessivamente sono 325.172 gli iscritti alla Gestione separata Inps, i cui dati risalgono però al 2015. Se i professionisti non ordinistici venissero considerati in senso più ampio (esclusivi, concorrenti e collaboratori concorrenti) la platea si allargherebbe a circa 786mila unità, pari al 3,5% dell’occupazione italiana. Nello stesso anno, il reddito complessivo prodotto da questa categoria di lavoratori sfiorava i 5,463 miliardi, mediamente 16.904 euro a professionista, in calo dell’1,1% rispetto al 2014. Con un forte dislivello tra uomini (il 58,1% del totale, il 65,9% dei redditi, in media 19.152 euro a testa) e donne: il 41,5 del totale, il 34,1% dei redditi, 13.780 euro di entrate medie. Pesante anche le differenze per classi d’età: dal reddito pro capite più elevato (22.230 euro) tra i 65-69enni si precipita ai 10.453 euro dei 25-29enni, ai 7.927 euro dei 20-24enni e ai 7.149 euro dei minori di 19 anni.
Anche grazie al rilevante ingresso di tanti nuovi professionisti non ordinistici tra il 2009 e il 2016 , nell’Unione europea l’Italia continua a primeggiare nell’occupazione indipendente (con 4,72 milioni di occupati tra i 15 e i 64 anni), davanti a Regno Unito (4,29 milioni) e Germania (3,82 milioni). Per peso dell’occupazione indipendente sull’occupazione totale il nostro Paese è secondo (con il 21,1%) dietro alla Grecia (29,2%) e davanti alla Polonia (17,6%). Secondo posto anche per il peso dell’occupazione indipendente giovanile (15-24 anni) sul totale, con più di un giovane occupato su dieci (10,6%), dietro alla Romania (14,4%) e davanti alla Slovacchia (7,8%). Dati – soprattutto se rapportati a quelli dei Paesi pari taglia europei – che sono il risultato della spiccata tendenza italiana all’autonomia, della relativa insufficienza di grandi gruppi e del tasso complessivo di occupati basso.
Il legislatore (finalmente) per amico
Fino al varo della legge 4/2013, che ha contribuito a rendere più nitida la nebulosa dei professionisti non ordinistici, questa categoria di lavoratori era stata trascurata, se non osteggiata, dal legislatore. Poi la svolta, sollecitata da CNA, con la creazione dell’Osservatorio nazionale professioni, giunto alla terza edizione, proprio per porre all’attenzione della politica questa complessa realtà. A tale scopo, tra il 2015 e il 2016, CNA Professioni ha formulato una piattaforma di proposte (su fisco, accesso ai finanziamenti, previdenza e welfare) mirata a rimuovere gli ostacoli sull’attività della categoria. E i risultati si sono visti. La Legge di Stabilità 2016 ha elevato a 30mila euro la soglia di ricavo per l’accesso al regime forfettario, ridotto al 5% l’aliquota d’imposta sostitutiva, permesso l’accesso ai Fondi europei, esteso il voucher alle lavoratrici madri, bloccata al 27% l’aliquota contributiva. Nel Piano di riforma delle professioni inviato dal Governo a Bruxelles si fa riferimento esplicito alle professioni non ordinistiche. La Legge di Bilancio 2017, oltre alla conferma dei voucher per le lavoratrici madri, ha ridotto al 25% l’aliquota contributiva a decorrere da quest’anno.
Il Jobs Act delle professioni.
Un’analisi più approfondita va dedicata al Ddl 2233, definito appunto Jobs Act delle professioni perché introduce disposizioni in materia di lavoro autonomo con l’obiettivo di costruire per questa categoria di lavoratori un sistema di diritti e di welfare moderni.
Questo testo durante l’iter parlamentare ha recepito molte richieste di CNA Professioni. In particolare, il provvedimento, approvato definitivamenteil 10 maggio scorso, prevede misure di tutela applicabili a tutti i rapporti di lavoro autonomo su: ritardato pagamento dei compensi; clausole che realizzino uno squilibrio nei rapporti a favore del committente; proprietà intellettuale; deducibilità delle spese di formazione e di accesso alla formazione permanente; accesso agli appalti pubblici; indennità di maternità, congedi parentali, tutela della gravidanza, malattia e infortuni; salute e sicurezza sul luogo di lavoro.
Un’agenda per la politica: proposte & suggerimenti
Negli ultimi due anni la tutela dei professionisti non ordinistici ha compiuto molti passi in avanti. Ma rimangono ancora irrisolti alcuni punti fondamentali nella costruzione di un moderno sistema di diritti e di tutele. CNA Professioni ha predisposto un organico pacchetto di proposte che investono cinque aree: fisco, organizzazione, welfare, regolamentazione del mercato e previdenza.
Fisco
– definire in modo inequivocabile le caratteristiche che escludono il professionista dal pagamento dell’Irap per l’assenza dell’autonoma organizzazione;
– eliminare l’estensione dello split payment ai professionisti.
Organizzazione
– favorire forme di aggregazione tra professionisti non solo per agevolare l’accesso ai bandi di gara, ma anche per aiutarli nella crescita, nello sviluppo e nella gestione dell’attività.
Welfare
– sospendere (in caso d’infortuni o di malattia talmente grave da impedire lo svolgimento dell’attività lavorativa per oltre sessanta giorni) il versamento dei contributi previdenziali, dei premi assicurativi e delle imposte, oltre che ogni adempimento tributario, per facilitare la ripresa dell’attività al termine della malattia.
Previdenza
– individuare forme di prestazioni sociali (per i professionisti non ordinistici in Gestione separata Inps che abbiano subito riduzioni significative del reddito per ragioni non dipendenti dalla propria volontà o per gravi patologie) sulla falsariga degli interventi previsti dalle casse degli ordini professionali per i loro iscritti;
– eliminare la discriminazione oggi esistente tra pensionati dell’Assicurazione generale obbligatoria e della Gestione separata Inps relativamente alla richiesta di un supplemento di pensione quando continuano a lavorare e a versare i contributi.
L’INDAGINE TRA GLI ISCRITTI A CNA PROFESSIONI
Con la terza edizione dell’Osservatorio di CNA Professioni sulle professioni non ordinistiche arriva anche la terza edizione dell’indagine in un campione molto rappresentativo (2159 in tutto) di professionisti non ordinistici iscritti alle associazioni che fanno capo a CNA Professioni inquadrabili in tre macro-settori di servizi: per il benessere, per le persone, per le imprese.
Il 62,2% dei partecipanti all’indagine è di sesso maschile, ma nei servizi per il benessere predomina la componente femminile, con il 56%. L’età media è di 49 anni, più alta rispetto ai 42 anni di media degli iscritti alla Gestione separata Inps. L’età media più elevata (53 anni) tra i partecipanti all’indagine si registra tra i servizi alle imprese, che comprendono professioni radicate nel tempo e molto rappresentative, come i tributaristi.
Oltre la metà delle attività professionali condotte dai partecipanti all’indagine di CNA Professioni è stata avviata nel nuovo millennio, con un picco del 62,8% nei servizi per il benessere, ma un terzo delle attività di servizi alle persone è stata avviata prima del ’90.
Nel complesso, l’universo dei professionisti non ordinistici si caratterizza per un alto livello d’istruzione: quasi il 54% è laureato e solo meno del quattro per cento si è fermato alla licenza inferiore. In particolare, quasi l’88% dei professionisti non ordinistici presenti nei servizi per il benessere è laureato.
La legge 4/2013 rende obbligatorio, in taluni casi, il possesso di un titolo raggiunto al culmine di un percorso formativo specifico. Dal campione dei partecipanti all’indagine di CNA Professioni emerge che otto professionisti su dieci hanno conseguito titoli per l’esercizio professionale ma nel 58,4% dei casi si tratta di titoli non obbligatori, che vanno dunque ad arricchire il loro bagaglio culturale e professionale e favoriscono i clienti.
I dati raccolti da CNA Professioni dimostrano quanto sia arduo definire quantitativamente l’insieme dei professionisti non ordinistici. Il 58,3% è libero professionista in conto proprio, il 17,8% è lavoratore dipendente, l’11,2% è titolare d’impresa, il 10,6% è libero professionista in uno studio associato, il 2% è lavoratore parasubordinato. Due su dieci, in sostanza, sono al di fuori del perimetro del lavoro autonomo ma rientrano nella disciplina della Legge 4/2013. La Gestione separata Inps (professionisti muniti di partita Iva ma non iscritti ad albi) non esaurisce la , insomma, platea dei professionisti non ordinistici. Tanto più che il 38,7% degli intervistati (con un picco del 60% circa all’interno dei servizi per il benessere) svolge anche altre attività lavorative diverse da quella principale definita dalla Legge 4/2013. Il 6,5% di quanti hanno risposto conta oltre cinque collaboratori, con un picco del 13,2% nei servizi per le persone.
Molto basso il reddito medio dei professionisti non ordinistici. Nella metà di quanti hanno partecipato all’indagine non supera i 20mila euro annui. Eccezione positiva i servizi alle imprese, dove il 13,8% supera i 50mila euro.
Il Jobs Act delle professioni è stato, in genere, accolto con grande entusiasmo. Tra le misure che i professionisti non ordinistici ritengono più importanti per la loro attività la classifica è guidata dalla riorganizzazione della Gestione separata dell’Inps (88,6%), seguiti dalla deducibilità delle spese di formazione (83,2%) e dalla tutela di gravidanza, malattie e infortuni (82,5%). L’attenzione alle misure che favoriscano la formazione discende da un dato: il 91% dei professionisti non ordinistici investe nella formazione fino al 25% delle sue entrate. Per la tutela della salute i professionisti, in sostanza, chiedono trattamenti simili a quelli dei lavoratori dipendenti. Addirittura, l’81,9% di quanti hanno partecipato all’indagine sacrificherebbe una parte delle prestazioni previdenziali in cambio di maggiori tutele per maternità e malattia.