Innovazione, infrastrutture, fisco. E naturalmente tutti gli altri temi centrali per l’artigianato e le piccole e medie imprese. Domenica 26 maggio l’Europa va alle urne. E, per chi si appresta a entrare a Bruxelles, “Le proposte della CNA ai candidati alle elezioni del Parlamento europeo” possono essere una valida stella cometa. “L’appuntamento è decisivo, anche in considerazione del fatto che gran parte delle risorse per gli investimenti arrivano proprio dall’Ue e che è sempre più necessario definire strumenti finanziari europei adeguati nella dotazione di risorse e facilmente accessibili per le micro e piccole aziende”: ne sono convinti Angelo Pieri e Luigia Melaragni, rispettivamente presidente e segretaria della CNA di Viterbo e Civitavecchia, che hanno riunito nella sede di Viterbo, alla presenza di numerosi imprenditori, la direzione territoriale, per analizzare il documento presentato dall’Associazione a livello nazionale.
“In ballo c’è il volto dell’Europa – hanno detto Pieri e Melaragni – e come questa dovrà affrontare le sfide che ci attendono”. Come la sicurezza, la gestione dei flussi migratori, l’integrazione tra gli Stati membri per individuare insieme le giuste soluzioni per la tutela e la competitività delle imprese. E gli investimenti in settori strategici quali energia e ambiente nell’ottica della green economy, ricerca nella sanità, trasporti, digitalizzazione.
Per questo la CNA ha elaborato il suo “Manifesto per l’Europa”, una sorta di decalogo per i candidati al Parlamento europeo. Tra le indicazioni principali, un piano straordinario per innovazione e ricerca, ma a misura di pmi, il rilancio degli investimenti nelle infrastrutture, il completamento del mercato unico, la spinta a un processo di armonizzazione fiscale per le imprese, un’azione incisiva per superare gli squilibri sociali, culturali ed economici, un nuovo sistema di welfare.
Non si tratta di un semplice elenco, ma si va nel dettaglio proponendo un preciso orientamento anche riguardo alle politiche di settore. “Sull’etichettatura dei prodotti, ad esempio, non esiste una strategia uniforme: ci sono il semaforo inglese, il nutriscore francese e via dicendo. Ciò – hanno proseguito Pieri e Melaragni – non contribuisce alla chiarezza e soprattutto non favorisce le nostre eccellenze agroalimentari, serve dunque un’etichetta unica Ue. E per quelle non agroalimentari un sistema di protezione delle indicazioni geografiche. Analogo il discorso sul mercato
unico, poiché non c’è una legislazione uniforme, esistono il dumping sociale e il lavoro sommerso. Tutto questo non garantisce la concorrenza: servono condizioni più eque e il contrasto agli abusi di posizione dominante”.
Dall’urgenza di rilanciare il progetto politico del processo di integrazione europea – da almeno 15 anni in fase di stallo -, insomma da un’Europa partecipata ai Comuni: il 26 si vota, infatti, per il governo di quasi la metà di quelli nella Tuscia.
“Le urne – ne sono convinti presidente e segretaria – devono rappresentare l’occasione anche per migliorare e rafforzare il rapporto tra gli amministratori pubblici e le associazioni di rappresentanza delle imprese, per un confronto di sostanza sullo sviluppo delle città”.