un-momento-della-presentazione-dellindagineFino a 20 adempimenti richiesti per avere il titolo di esercizio di vicinato, 33 circolari del Mise che si aggiungono alla normativa esistente, fino a 21 autorità ispettive che possono eseguire i controlli: benvenuti nel mondo dell’artigianato. O nel “Cibo a ostacoli” – quello delle imprese del settore alimentare – come recita l’indagine condotta da CNA Agroalimentare in collaborazione con CNA Commercio e Turismo tra gli associati alla Confederazione, con la collaborazione di 49 CNA territoriali, compresa quella di Viterbo e Civitavecchia. “Una situazione che va rivista, perché le norme legate alla somministrazione per gli artigiani sono particolarmente restrittive. Soprattutto se comparate a quelle di agricoltori e commercianti”, sostiene Luca Fanelli, responsabile di CNA Agroalimentare di Viterbo e Civitavecchia.

“Cibo a ostacoli. Le sfide delle imprese artigiane alla prova dell’evoluzione dei consumi alimentari” è stata presentata dalla CNA nell’ambito di “Comune che vai, burocrazia che trovi”. I dati che emergono sono contrastanti. La spesa annua pro capite per mangiare fuori casa supera i 1.520 euro. Intorno a questo mondo ruotano quasi 120.000 imprese e circa 400.000 addetti. Qualche altro numero, per capire la consistenza: oltre 71.000 tra pizzerie, rosticcerie, friggitorie, birrerie; circa 13.000 unità tra gelaterie e pasticcerie; più di 33.000 unità di laboratori adibiti alla produzione di prodotti da forno e farinacei.

Le imprese artigiane sono il 60,5% del totale: tra il 2016 e il 2017 quelle del settore sono cresciute del 2,5%, le artigiane sono invece diminuite dello 0,9, nonostante il saper fare artigiano rappresenti un ottimo biglietto da visita. Il problema? La burocrazia, perché ci si trova a muoversi in una giungla.

“La CNA – dice Fanelli – chiede con forza un aggiornamento della legge quadro per l’artigianato, che tenga conto degli attuali modelli di consumo e non crei disparità di trattamento”. Ad esempio, un’impresa artigiana del settore alimentare può vendere solo beni propri, mentre per poter venderne altri o consentirne il consumo sul posto deve ottenere il titolo di esercizio di vicinato. Le imprese agricole hanno invece beneficiato di un aggiornamento normativo, è sufficiente quindi che le attività connesse non prevalgano, per rilievo economico, su quella agricola.

“Servirebbe un criterio di prevalenza dell’attività artigiana su quella commerciale strutturato in maniera analoga. Ovvero in modo che il tempo impiegato nella produzione e preparazione degli alimenti sia maggiore rispetto alla fase di vendita, e che il ricavo della produzione propria superi quello della vendita di beni accessori. Riteniamo che l’aggiornamento della legge quadro per l’artigianato in un percorso comune con la Regione sia ormai un passaggio ineludibile”, è la conclusione tratta dalla CNA.

Alla presentazione è intervenuto anche il sottosegretario allo sviluppo economico, Gian Paolo Manzella il quale ha messo in risalto il ruolo del mondo della rappresentanza d’impresa. “Le associazioni hanno un ruolo potenzialmente centrale” annunciando la volontà di avviare “una strategia a favore delle piccole e medie imprese che sarà terreno di confronto con i rappresentanti delle imprese per definire un orizzonte e una visione”.

Manzella ha molto apprezzato il rapporto realizzato dalla CNA ed ha assicurato che partirà rapidamente una riflessione per capire se la recente sentenza del Consiglio di Stato richieda un intervento normativo e per verificare una riforma della legge sull’artigianato. Sul settore alimentare “l’obiettivo sarebbe arrivare a definire un vademecum del mangiare comodo”. Infine si è fatto promotore di un incontro in Conferenza Stato-Regioni dove avviare un confronto sulle proposte presentate da CNA.

Apprezzamento al contenuto del rapporto della CNA anche dal professore Sabino Cassese, tra i massimi esperti di diritto amministrativo. “Lo studio mette in rilievo la necessità di fare riferimento al contesto. Il settore alimentare è attraversato da profondi cambiamenti sociali e si può pensare di regolarlo con le norme di ieri? E’ necessario adeguare norme e regolamenti”. Cassese inoltre ha rilevato che sono venute meno le barriere ma “si continua a ragionare che l’intervento dello Stato in economia avviene in termini di separazione merceologica”.

“Questo osservatorio – ha spiegato il presidente nazionale della CNA, Daniele Vaccarino – non nasce in contrapposizione alle altre categorie ma è finalizzato a definire meglio il nostro mondo, per far sì che anche nell’alimentare ci possa essere l’evoluzione normativa avvenuta per l’impresa agricola. La nostra confederazione guarda al futuro e ai suoi mutamenti in funzione delle piccole imprese” e intende contribuire a individuare le traiettorie dello sviluppo e della crescita. Il secondo rapporto dedicato alla burocrazia è dedicato al settore alimentare, alle penalizzazioni alle quali sono soggette le decine di migliaia di imprese artigiane di un comparto in crescita e attraversato da profondi mutamenti sociali e culturali.

CNA offre un contributo alla politica per correggere storture normative, modernizzare l’architettura legislativa. “Con questo strumento intendiamo metterci a disposizione della politica per risolvere le mancanze normative presenti” ha concluso Vaccarino.

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