“Viterbo città della ceramica. Passato, presente e futuro di una grande tradizione”: a Palazzo dei Priori una sala gremita ha ripercorso la storia di un’arte che è espressione dell’identità del territorio, dai fasti di un tempo al declino, poi alla rinascita fino al riconoscimento di Viterbo “città di antica tradizione ceramica”, deliberato un anno fa dal Consiglio Nazionale Ceramico – Ministero dello Sviluppo Economico. Riconoscimento che, come sottolineato da Luigia Melaragni, segretaria della CNA di Viterbo e Civitavecchia, “ha generato un circolo virtuoso”.
Ceramica artistica superstar. La giornata di confronto è stata promossa dal Comune di Viterbo con Fondazione Carivit, AiCC, AEuCC, CNA di Viterbo e Civitavecchia e Cooperativa Girolamo Fabrizio, società che gestisce i servizi e le attività del Museo della Ceramica della Tuscia. In Sala Regia, alla presenza di tanti studenti del Liceo Artistico Francesco Orioli, a moderare gli interventi è stato l’assessore al Patrimonio Paolo Barbieri, che ha assicurato il convinto impegno dell’Amministrazione anche per il futuro. In apertura, il saluto del sindaco Giovanni Arena: “Insieme alla CNA – ha detto – stiamo lavorando, credo bene, per ridare slancio a settori vitali per l’economia, come l’artigianato”. Un saluto all’Associazione, ma anche alla sorella Lucia Maria, presidente territoriale di CNA Artistico e Tradizionale.
Quindi la parola al senatore Stefano Collina, presidente del Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale delle Città della Ceramica. “Viterbo in questo campo ha antiche tradizioni. Gli artigiani hanno riempito i nostri musei e rappresentano uno stimolo per quelli del futuro”. Un approfondimento sulla legge 188/90, nata per tutelare e valorizzare la ceramica artistica e tradizionale e quella di qualità, e sull’evoluzione legislativa, ma soprattutto sul lavoro per tessere una rete tra le città che possiedono questa arte nel proprio dna. “Il settore – ha proseguito Collina – vive una trasformazione e le città, in Italia riunite nell’AiCC, hanno deciso di promuoverlo. Tra queste c’è ora anche Viterbo”.
La ceramica nel dna del capoluogo, ma anche della Fondazione Carivit, come ha sottolineato il presidente Marco Lazzari. “E’ un nostro braccio: il Museo della Ceramica della Tuscia è stato aperto nel 1996 e da allora ci regala tante soddisfazioni. Come quando, e accade spesso, ci chiedono pezzi da esporre in occasione di mostre a dimensione nazionale e internazionale”. Ma, sul tema, la Fondazione guarda soprattutto alle nuove generazioni attraverso la collaborazione con il mondo della scuola.
La giornata di confronto è proseguita con il contributo di Giuseppe Romagnoli e Lavinia Piermartini, dell’Università della Tuscia, che hanno illustrato i pregevoli studi condotti sulle ceramiche rinvenute nei pozzi da butto medievali di Viterbo, Graffignano e Celleno. Sono rarissimi i casi di butti indagati con metodo stratigrafico. La gran parte, infatti, è stata saccheggiata dai clandestini, con la conseguente dispersione degli oggetti sul mercato antiquario. Spesso l’interesse si è rivolto esclusivamente al recupero di pezzi di maggior pregio artistico, senza alcuna documentazione sul contesto di rinvenimento. Grazie agli specialisti dell’Università della Tuscia, invece, è stato possibile acquisire nuovi dati sulla produzione, sulla circolazione e sul consumo di manufatti utilizzati nelle mense signorili altolaziali tra il tardo Medioevo e il Rinascimento.
Poi spazio alle scuole: Simonetta Pachella, dirigente del Liceo Artistico Francesco Orioli, che ha posto anche il rilevante tema della perdita di tradizioni produttive fino a qualche tempo fa patrimonio di straordinario valore di alcuni comuni della Tuscia, e la docente Francesca Graziano hanno mostrato, con passione e competenza, gli itinerari didattici quotidianamente percorsi in campo ceramico attraverso lo studio, le sessioni in laboratorio e una intensa attività di sperimentazione. “Il nostro punto di forza – hanno sottolineato – è questo: coniugare sapere e saper fare”.
Quindi la testimonianza di Daniela Lai, ceramista: “Quando abbiamo aperto, venti anni fa, abbiamo faticato per recuperare la tradizione ceramica e riportarla sotto i riflettori. Oggi c’è maggiore attenzione verso il prodotto artigianale artistico. Consideriamo il riconoscimento uno strumento importante, che deve mettere in moto azioni mirate a formare nuove generazioni di ceramisti e a favorire l’apertura di altre botteghe artigiane”.
A chiudere l’incontro, è stata Luigia Melaragni. “Grazie al confronto che si è aperto, stiamo raccogliendo idee per elaborare un progetto a medio e lungo termine. Per esempio, per lo sviluppo del capitolo dell’innovazione possiamo mettere a disposizione – ha affermato – il progetto di CNA, che la Regione Lazio ha approvato e finanziato, per la formazione nel settore della ceramica artistica orientata all’innovazione, con riferimento, in particolare, al design, a nuove modalità di progettazione attraverso l’utilizzo delle tecnologie digitali, a soluzioni che possano favorire un posizionamento competitivo del prodotto artigiano. Tra i nostri partner, c’è il Liceo Artistico Francesco Orioli, che ogni giorno offre l’esempio di come la Scuola deve lavorare”.
“Siamo convinti che ci sia uno spazio significativo per il prodotto ceramico made in Italy e perché la ceramica torni ad essere protagonista nell’arredo delle nostre città, non solo dei centri storici. Insomma, abbiamo davanti a noi un percorso affascinante”, ha concluso.