Si chiude oggi alla Fiera di Rimini “Beer Attraction”, le Olimpiadi della birra artigianale.
La storia della birra artigianale tricolore è uno dei più incredibili successi del settore agroalimentare italiano. Ennesima protagonista in un parterre de rois invidiato in tutto il mondo. Ma è una storia che la burocrazia sta mettendo a rischio e che la politica non sempre dimostra di aver compreso.
A denunciarlo è la CNA che da tempo, con UnionBirrai, si fa carico dei problemi, fiscali e non, del settore. E che chiede al Governo di risolverli, o per lo meno attenuarli, tenendo conto che solo pochi mesi fa, in sede di discussione sulla Legge di Bilancio, il sottosegretario Pierpaolo Baretta aveva promesso norme ad hoc per sostenere i micro-birrifici. L’accelerazione post-referendum di dicembre dell’approvazione della Legge di Bilancio, però, ha messo quest’argomento fuori dall’agenda politica immediata.
Una crescita esponenziale
In Italia, secondo UnionBirrai, esistono circa 800 micro-birrifici, che arrivano a 1100 se si tiene conto delle cosiddette “beer firm”, i birrifici senza impianto di produzione proprio. Erano circa 700 nel 2014 e solo qualche decina vent’anni fa. Il settore dà lavoro a 3mila addetti che salgono fino a 5mila con l’indotto. Sul totale della birra prodotta in Italia la quota di “artigianale” è salita dall’1,1 per cento del 2011 (450mila ettolitri) al 3,5 per cento del 2016 (500mila ettolitri). Stimando un valore di 4,5 euro a litro il fatturato complessivo dell’artigianato birrario italiano arriva a 225 milioni di euro. Per una quota tra il 15 e il 20 per cento garantito dalle esportazioni.
Questa crescita è andata di pari passo con la concentrazione, nel portafoglio di grandi gruppi internazionali, anche di birre italiane “storiche”. E ha utilizzato al meglio il fenomeno delle tipicità locali e dei marchi territoriali, punti di forza del mangiare&bere Made in Italy.
Il peso dell’accisa
Soprattutto tra le nuove generazioni la birra ha assunto la stessa “dignità” del vino. Ma con una differenza non da poco, per i produttori: sul vino non gravano accise, sulla birra sì. In undici anni il peso dell’accisa sulla birra è salito dall’1,65 euro per ettolitro per grado plato, vale a dire il potenziale alcoligeno, al 3,02 per cento.
Proprio da quest’anno, finalmente, l’inarrestabile peso del fisco si è attenuato, sia pure appena dello 0,02 per cento. Uno sconto che non fa differenza tra multinazionali e micro realtà produttive. Una situazione difforme dalla realtà di molti Paesi europei: ai micro-birrifici l’accisa viene applicata in misura inferiore a quella italiana in venti Paesi dell’Unione su 28.
La burocrazia
Il fisco non è l’unica zavorra a frenare la birra artigianale italiana. La legislazione è tarata sui grandi birrifici. La CNA ha cercato, perlomeno sul fronte della determinazione dell’accisa, di facilitare la vita dei piccoli produttori proponendo l’introduzione di un contatore digitale per semplificare il calcolo del dovuto. Ma la burocrazia ha depotenziato fortemente questa semplificazione.
In pratica è successo che l’Agenzia delle Dogane, competente per la riscossione delle accise, ha emanato una determinazione nella quale si prescrive che il contatore vada inserito nella vasca del mosto e non alla fine del processo produttivo. Il mosto, però, ha bisogno di alcune settimane per arrivare a maturazione e diventare birra commerciabile: la determinazione delle Dogane, di conseguenza, impone al produttore un pagamento anticipato rispetto all’effettivo momento dell’imbottigliamento della birra. Non solo. Il mosto, nel diventare birra, perde intorno al 10 per cento del suo volume: il produttore, quindi, è costretto a pagare l’accisa su una quantità maggiore della birra che potrà mettere in vendita. Una doppia, amara beffa.
Una pdl per fare giustizia
Un folto gruppo di deputati (primo firmatario l’onorevole Marco Di Maio, della commissione Finanze della Camera) – accogliendo la sollecitazione della CNA – ha proposto di risolvere il problema all’origine, accertando la quantità di prodotto finito su cui calcolare l’accisa sulla base delle risultanze dei registri di scarico di magazzino, applicando delle riduzioni d’imposta ben più consistenti di quella inserita nella Legge di Bilancio 2017. Nella pdl si chiede di tagliare l’accisa del 50 per cento per i micro-birrifici che producono non oltre 5mila ettolitri l’anno, via via riducendo il “premio” fino al 10 per cento di riduzione dell’accisa per i micro-birrifici che producono tra i 40mila e i 50mila ettolitri l’anno.