In Italia ci vorrà una carta d’identità ben precisa per conserve e concentrato, sughi e salse composti almeno per il 50 per cento da derivati del pomodoro. Questa settimana, per l’esattezza lunedì 27 agosto, è infatti entrato in vigore l’obbligo di indicazione in etichetta dell’origine dei derivati del pomodoro, come fissato dal decreto interministeriale pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso febbraio.
Il provvedimento, mirato a rafforzare il rapporto tra produttori e trasformatori e a garantire i consumatori, nel momento dell’acquisto, dall’inganno dei prodotti coltivati all’estero e importati per essere spacciati come italiani, introduce la sperimentazione, per due anni, del sistema di etichettatura nel solco della norma già applicata per la pasta e per il riso e valida fino al 31 marzo 2020.
Le nuove regole, che si riferiscono alle coltivazioni di pomodoro made in Italy estese su circa 72mila ettari da 8mila imprenditori agricoli e destinate a 120 industrie di trasformazione, prevedono, per prima cosa, che le confezioni di derivati del pomodoro, sughi e salse prodotte in Italia debbano avere obbligatoriamente indicate in etichetta sia il nome del Paese in cui il pomodoro è stato coltivato sia il nome del Paese in cui il pomodoro è stato trasformato.
Per garantire poi la massima trasparenza, il decreto stabilisce che se le fasi di lavorazione avvengono nel territorio di più Paesi, possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le diciture: Paesi Ue, Paesi non Ue, Paesi Ue e non Ue.
Se tutte le operazioni avvengono in Italia, si può utilizzare la dicitura Origine del pomodoro: Italia. Viene infine precisato che le indicazioni sull’origine dovranno essere apposte in etichetta in un punto evidente e nello stesso campo visivo, in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili e indelebili.