Il V Osservatorio Burocrazia realizzato dal Dipartimento Relazioni Istituzionali e Affari Legislativi di CNA dimostra come la mancanza di un efficace raccordo tra Stato e Regioni abbia impedito la definizione di standard uniformi, favorendo le differenze territoriali e la produzione di nuova burocrazia, penalizzando sia le imprese che i loro clienti.
Dal rapporto, che dedica una specifica sezione all’impatto della riforma costituzionale del 2001 sulle attività di acconciatura, estetica, tatuaggio e piercing, emergono numerose criticità a causa di un variegato contesto normativo e amministrativo.
Secondo lo studio, la formazione è uno degli ambiti che ha maggiormente subito le conseguenze di questa frammentazione e permesso che il processo di devoluzione raggiungesse traguardi impensabili.
In particolare, per le attività di acconciatura ed estetica, regolate rispettivamente dalle leggi n. 174/2005 e n. 1/90, a seguito della riforma costituzionale del 2001 si è delineato un doppio binario per i percorsi professionali a seconda che gli studenti abbiano o meno assolto all’obbligo scolastico.
Nella maggior parte delle Regioni è previsto un percorso triennale di operatore del benessere con indirizzo estetico o di acconciatore, con la possibilità di frequentare un quarto anno per ottenere un diploma professionale di tecnico di trattamenti estetici ovvero di acconciatura.
Tuttavia, ci sono una serie di peculiarità di carattere regionale relativamente alle ore di corso e alla previsione di un quarto o quinto anno. In Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia dopo il triennio si ottiene la qualifica di operatore estetico o acconciatore, dopo il quarto anno il diploma di tecnico dei trattamenti. Al termine di questo percorso è possibile ottenere l’abilitazione professionale per avviare la propria attività.
La Provincia autonoma di Trento prevede due anni per frequentare il percorso professionale di estetica ed acconciatura, un anno per ottenere la relativa qualifica professionale e il quarto anno per l’abilitazione all’attività professionale. Alcune Regioni prevedono anche la frequentazione di un quinto anno (Lombardia, la provincia autonoma di Bolzano, il Molise) in modo da consentire agli studenti eventualmente di conseguire l’esame di Stato e proseguire il percorso universitario.
Quanto alle ore di corso, si passa dalle 990 all’anno per tre anni in Abruzzo e Campania alle 1.394 all’anno di Bolzano.
Per tutti i percorsi è previsto l’apprendistato per ottenere la qualifica e il diploma professionale, cosiddetto sistema duale, definito in base a linee guida standard.
Le modalità attuative del sistema regionale prevedono che l’apprendistato sia inserito nell’articolazione modulare dei percorsi di IeFP a partire dalla seconda annualità.
Da ultimo, vanno segnalate alcune best practice, realizzate dalle Regioni Lombardia e Toscana, che prevedono l’inizio del percorso di istruzione e formazione professionale subito dopo la conclusione della terza media, mentre nelle altre Regioni si entra nel percorso di IeFP dopo un anno di scuola superiore svolta in qualsiasi istituto al fine di completare l’obbligo scolastico.
Tre sono le principali criticità che emergono dallo studio. La prima è la forte disomogeneità tra i percorsi di formazione regionale con inevitabili riverberi sulla qualità della formazione.
La seconda riguarda la dimensione temporale, a causa del mancato contemporaneo avvio dei percorsi formativi diversamente da quelli scolastici: dopo la terza media, hanno pronto avvio solo i percorsi di IeFP in Lombardia e in Toscana.
La terza riguarda la difficoltà di reperimento delle risorse necessarie per attivare percorsi di IeFP, elemento quest’ultimo che non aiuta ad avere una visione unitaria e la conseguente definizioni di costi standard.
Aggiornamento delle leggi di settore, introduzione di leggi in materia di IeFP che definiscano standard omogenei a livello nazionale e risorse adeguate a garantire un livello di indirizzo unitario dell’implementazione del sistema di IeFP sono i principali punti della proposta che CNA Benessere e Sanità vuole portare all’attenzione del Parlamento e della Conferenza Stato Regioni affinché le imprese del settore siano messe nelle condizioni di crescere, aumentare la propria competitività e offrire risposte adeguate al proprio mercato di riferimento.
Anche per le attività di tatuaggio e piercing il panorama formativo è molto variegato. Attualmente, nessuna legge statale disciplina le attività di tatuaggio e piercing cosicché la disciplina del profilo professionale ai fini della formazione di tatuatori e piercer è rimessa totalmente a leggi e regolamenti regionali. L’unico riferimento normativo a livello nazionale è rappresentato dalle Linee guida per l’esecuzione di procedure di tatuaggio e piercing emanate dal Ministero della Salute nel lontano 1998.
Ad oggi sono tredici le Regioni che hanno disciplinato queste attività con corsi regionali che variano dalle 12 alle 1.500 ore e con il risultato che nella maggior parte dei casi gli operatori sono costretti ad orientarsi in un mercato della formazione che non offre né garanzie né adeguati standard formativi a fronte di costi in genere molto elevati.
A fronte di un settore, che nell’ultimo quinquennio ha registrato un aumento del 57% del numero di imprese, CNA Benessere e Sanità sollecita l’approvazione di una legge quadro nazionale che definisca in maniera chiara l’attività di tatuaggio e piercing e le relative modalità di svolgimento, orientando al contempo le Regioni ad adoperarsi nella previsione di percorsi e standard formativi omogenei.