Le ragioni di trasparenza ed efficienza del mercato hanno ottenuto un’importante vittoria al Tar di Milano. Lunedì 11 luglio il Tribunale amministrativo del capoluogo lombardo ha rigettato il ricorso presentato dall’Enel contro la delibera dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico che applicava la legislazione europea, rimasta in precedenza inattuata, in materia di “brand unblunding” (a sostegno della quale, invece, si era costituita in giudizio la Cna).
Il “brand unbundling” (letteralmente: spacchettamento del marchio) consente di chiarire al consumatore la distinzione tra l’impresa che si occupa di energia e quella che opera nella distribuzione. Con il duplice obiettivo di non confondere i clienti e di evitare un vantaggio competitivo a favore degli operatori energetici verticalmente integrati che possono sfruttare la propria posizione di fornitori per attrarre clienti anche in attività contigue.
Il Tar di Milano è intervenuto su aspetti relativi alla comunicazione e al marketing. Ma, in realtà, oltre che disporre un obbligo di separazione funzionale per marchi e segni distintivi delle aziende integrate impone anche la separazione degli spazi fisici e del personale nelle aziende. Rispetto alle attese della Cna e del mercato il giudice amministrativo ha consentito di fare chiarezza su due questioni molto importanti.
La prima. Le imprese associate alla Cna consumano energia e, di conseguenza, hanno tutto l’interesse ad approvvigionarsi in un mercato efficiente. La bolletta energetica italiana è la più costosa d’Europa, in particolare per le piccole imprese, e di conseguenza una scelta sbagliata, generata dalla confusione esistente sul mercato, potrebbe costare a un imprenditore migliaia di euro.
La seconda. Le imprese che operano sul mercato dell’energia da qualche tempo offrono servizi accessori, come l’installazione della caldaia, dell’impianto di raffreddamento, dei pannelli fotovoltaici. Interventi che, però, rappresentano l’attività principale di tante imprese di installazione e di impianti associate alla Cna. Rispetto a loro gli operatori energetici verticalmente integrati potrebbero sfruttare l’accesso privilegiato a utenti dei quali già sono fornitori per offrire servizi post-contatore e anche, a esempio, la rateizzazione in bolletta del costo di eventuali interventi.
Alla luce del provvedimento del giudice amministrativo, ora la Cna auspica che il legislatore voglia finalmente rafforzare il quadro legislativo e regolatorio con le disposizioni necessarie a garantire l’esistenza di un mercato trasparente, competitivo e moderno, soprattutto in vista della definitiva liberalizzazione prevista dal Ddl Concorrenza. Non soltanto il “brand unbundling”, ma anche tutte quelle condizioni di funzionalità e comparabilità che consentono alle imprese di avere col fornitore di energia un rapporto chiaro e consapevole . Un banco di prova decisivo per l’affermazione della concorrenza in Italia.
di Barbara Gatto, Coordinatrice Dipartimento Politiche Ambientali CNA, pubblicato su Lanotizia.it