Sono i professionisti della legge 4/2013, anche se tutti li conoscono come i “non ordinistici”. Nella vita quotidiana gli italiani li conoscono bene: il loro ruolo è in continua crescita. E, in silenzio ma tenacemente, hanno contribuito a evitare che l’occupazione nel nostro Paese franasse quando la crisi mordeva più ferocemente.

I professionisti che non sono inquadrati in ordini o collegi, non ordinistici appunto, tra il 2009 e il 2015 sono cresciuti – lo certificano Inps e Istat – quasi del 28 per cento, per la precisione il 27,9 per cento. Contro un calo dell’occupazione che negli stessi anni ha raggiunto il 2,7 per cento: -0,3 per cento tra i lavoratori dipendenti,  -3,4 per cento tra gli indipendenti. Un risultato migliore anche dell’apprezzabile incremento del 16,9 per cento registrato dall’intera platea delle libere professioni.

A rilevarlo è la CNA, attraverso una indagine quali-quantitativa condotta dall’Osservatorio Professioni (giunta alla seconda edizione) che cerca di far luce su questo universo in costante e fortunato incremento disciplinato dalla Legge 4/2013. Norma che regolamenta la “prestazione di servizi e opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con l’esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi, delle professioni sanitarie e della attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio”.

Chi sono i professionisti che non hanno un ordine o un collegio alle spalle? Prima di tutto, è bene mettere in chiaro una cosa: non sono professionisti di Serie B rispetto a quelli inquadrati negli ordini. Posseggono, di regola, un solido curriculum di studi e formazione con pochi eguali. Quasi il 54 per cento di loro è laureato, con punte che sfiorano l’88 per cento nell’attività di arti-terapeuta e il 98 per cento tra i chinesiologi.

Non finisce qui. La Legge 4/2013 dedica già un occhio di riguardo alla formazione professionale: all’articolo 3 prevede che “le associazioni professionali promuovono, anche attraverso specifiche iniziative, la formazione permanente dei propri iscritti”. E i professionisti, e le associazioni professionali, non solo hanno preso alla lettera la prescrizione, ma sono andati al di là degli obblighi. Dall’indagine della CNA emerge infatti che, se per esercitare la propria attività poco più del 25 per cento dei professionisti ha dovuto seguire un percorso formativo specialistico, un altro 54,3 per cento si è formato in via facoltativa. Quasi l’80 per cento dei professionisti non ordinistici, insomma, ha conseguito diplomi, abilitazioni o altri titoli aggiuntivi e diversi da quello di studio previsti per svolgere la propria attività.

Significativa è anche la componente femminile delle professioni non ordinistiche: a esercitare sono per il 40,2 per cento donne, contro il 59,8 per cento di uomini. Quanto all’età, la media di questi professionisti ha 46 anni, con il quattro per cento tra i 19 e i 25 anni, il 20,7 per cento tra i 25 e i 35 anni, il 24,2 per cento tra i 35 e i 45 anni. Più giovani mediamente i professionisti che offrono servizi per la salute, meno quanti propongono servizi alle imprese.

Le proposte della CNA per i professionisti

L’Italia è il Paese dell’Unione europea con più lavoratori indipendenti (vedi tabella). La seguono nell’ordine Regno Unito, Germania e Polonia. All’interno dell’Ue il 15,4 per cento dei lavoratori indipendenti, quasi uno su sei, è di nazionalità italiana. Governo e Parlamento da qualche tempo hanno posto in agenda le esigenze dei professionisti non ordinistici, in passato poco considerate o, addirittura, apertamente trascurate dal legislatore. La Legge 4/2013 ha contribuito a rendere più chiari i tratti distintivi di questa realtà e a fare da apripista per una serie di provvedimenti specifici che hanno visto la luce negli ultimi mesi, molti dei quali chiesti da CNA Professioni nella prima edizione dell’Osservatorio. In particolare con la Legge di Stabilità 2016 è stata elevata a 30mila euro la soglia di ricavo per l’accesso al regime e la riduzione dell’aliquota d’imposta sostitutiva al 5 per cento; è stato permesso ai professionisti di accedere ai Fondi europei; è stata bloccata al 27 per cento l’aliquota contributiva per i professionisti iscritti alla Gestione separata dell’Inps.

Il giro di boa è, però, considerato il cosiddetto Jobs Act delle Professioni, come viene comunemente definito il disegno di legge 2233/2015 in tema di Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale. Questo “pacchetto di proposte” è particolarmente apprezzato dai professionisti coinvolti dall’Osservatorio. Le tre misure del Ddl ritenute più importanti sono, nell’ordine, la deducibilità delle spese di formazione e accesso alla formazione permanente (79,4 per cento); la tutela della gravidanza, delle malattie e degli infortuni (78,7 per cento); la tutela contro i ritardi dei pagamenti (67,9 per cento). Risposte ampiamente giustificate. Oltre il 91 per cento dei professionisti, a esempio, afferma che le spese di formazione possono incidere fino a un quarto dei costi sostenuti per svolgere l’attività. E quasi due terzi dei professionisti soffre ritardi nei pagamenti rispetto ai termini contrattuali compresi tra uno e due mesi. Ma la riforma più sentita è quella previdenziale: la riorganizzazione della Gestione separata dell’Inps e l’abbassamento dell’aliquota contributiva.  E’ necessario superare l’assimilazione, erronea, dei professionisti iscritti alla Gestione separata dell’Inps con i lavoratori para-subordinati rivedendo, di conseguenza, l’aliquota. E vanno introdotte misure strutturali per riconfigurare il complessivo onere contributivo, abbassando l’aliquota al 24 per cento e creando una gestione previdenziale specifica dedicata a tutte le professioni non ordinistiche.

CNA Professioni chiede anche di:

  • definire inequivocabilmente le caratteristiche che escludono il professionista dal pagamento dell’Irap per assenza di autonoma organizzazione;
  • introdurre correttivi nella normativa per favorire forme di aggregazione e di organizzazione tra professionisti per agevolarne l’accesso ai bandi di gara e aiutarli nella crescita delle attività;
  • prevedere, in caso di malattia o di infortunio tali da impedire lo svolgimento dell’attività lavorativa per un periodo superiore ai due mesi, la sospensione del versamento dei tributi e delle imposte oltre che dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi.

 

Qui in basso è possibile sfogliare o scaricare la versione integrale dell’Osservatorio CNA.

Open publication

 

I commenti

“Il mero rivendicazionismo non è caratteristica del sistema CNA e nemmeno dei professionisti che noi rappresentiamo. L’Osservatorio delle Professioni non ordinistiche, arrivato alla seconda edizione, non raccoglie lamentele ma evidenzia problematiche. E con le problematiche presenta proposte plausibili di soluzione. E’ un modo diverso di fare rappresentanza del quale siamo orgogliosi” . Lo ha affermato il presidente nazionale della CNA, Daniele Vaccarino,

concludendo la presentazione dell’Osservatorio CNA sulle Professioni non ordinistiche, alla seconda edizione, che si è tenuta oggi a Roma con gli interventi del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, dei Presidenti delle Commissioni Lavoro della Camera e del Senato, Cesare Damiano Maurizio Sacconi, e del presidente di CNA Professioni, Giorgio Berloffa.

Per Damiano “c’è stato un salto di mentalità nel governo e nel Parlamento rispetto alla concezione stessa della parola lavoro e questo ha favorito la capacità di ascolto e di recepimento delle istanze dei lavoratori non ordinistici. Il percorso non è concluso – ha sottolineato il presidente della commissione Lavoro della Camera -. Ma nel Jobs Act delle Professioni (il disegno di legge in discussione in Parlamento, ndr) sono recepite molte richieste. Per quanto riguarda la previdenza è necessario per ora rendere prima di tutto strutturale il blocco delle aliquote sulle quali poter intervenire in un secondo momento con una rimodulazione”.

“Non si può trattare il lavoro professionale come quello subordinato, soprattutto in materia previdenziale  – ha rilevato Sacconi– e da questa considerazione deve discendere su ogni discussione, su ogni

provvedimento che riguarda le professioni, una cultura della sussidiarietà nella quale il pubblico è chiamato a sostenerle, non a ostacolarle né a penalizzarle. Ingabbiare la loro crescita, cercare di tracciare confini netti tra lavoro dipendente e indipendente, come sempre quando s’ingabbiano processi reali, può arrecare solo danni alle imprese e al lavoro”.

Il sottosegretario Tommaso Nannicini ha tenuto a sottolineare la svolta che c’è stata nel rapporto tra politica e professioni disciplinate dalla legge 4/2013, un universo in costante, fortunata e anche un po’ tumultuosa crescita perfino negli anni della crisi. E’ intenzione del governo, ha affermato Nannicini, di chiudere questi “tre cantieri”, altrettanti “tasselli del disegno strategico che è dietro” le iniziative per i professionisti non ordinistici utilizzando anche la prossima Legge di Stabilità. Nell’ordine: semplificare gli adempimenti fiscali e introdurre agevolazioni sul fronte tasse; prevedere tutele dalla committenza; riallineare l’aliquota contributiva previdenziali al livello degli altri lavoratori autonomi, studiando interventi, anche volontari, che possano assicurare risposte alle esigenze pensionistiche della categoria.

In conclusione, Vaccarino ha sottolineato come CNA apprezzi le misure contenute nel Jobs Act delle Professioni ma si attende anche interventi risolutivi su altre riforme necessarie alla crescita e all’irrobustimento delle professioni non ordinistiche. A partire dalla ri-organizzazione della Gestione Separata dell’Inps, dall’abbassamento dell’aliquota contributiva e dal sostegno alle forme di aggregazione e di organizzazione.