Forte preoccupazione della Cna per la decisione del Governo di reintrodurre, dopo quattro anni, il pagamento degli interessi di mora anche sulle sanzioni e sugli interessi relativi ai debiti con il fisco. L’erario potrebbe incassare, da tutti i contribuenti coinvolti, oltre 1,2 miliardi di euro. La norma è contenuta nello schema di Decreto legislativo sulla riscossione delle imposte, presentato il 26 giugno scorso dal consiglio dei Ministri. Si tratta dell’atto del Governo numero 185, sottoposto a parere parlamentare, e intitolato “Schema di Decreto legislativo recante misure per la semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione”.

“E’ una ingiustizia che colpisce le famiglie, ma anche gli artigiani e le piccole imprese. – afferma il Presidente CNA Daniele Vaccarino – Come abbiamo già fatto nel 2011, ci batteremo contro questa decisione. Devono cancellare la norma. E’ un errore. A nessuno, nemmeno al fisco, dev’essere consentito di chiedere gli interessi sugli interessi.

Significa calpestare qualunque forma di civiltà nelle relazioni tra lo Stato e i contribuenti, che vanno al contrario sicuramente migliorate. E’ chiaro che chi non è in regola con il fisco, deve pagare. Ma pagare non vuol dire essere messi al rogo degli interessi impazziti”. Secondo la Cna, quella intrapresa, è “una strada molto pericolosa, che può far raddoppiare il tasso di incremento del debito fiscale totale. Può renderlo, in tantissimi casi, insostenibile, con un doppio danno: per l’erario, che non incasserebbe nulla, e per il contribuente, che si vedrebbe sbarrare per sempre la strada del ritorno alla normalità. Senza contare che rischierebbero di tornare ulteriormente conflittuali i rapporti tra contribuenti ed Equitalia”. Secondo le stime della Cna, considerato che le somme iscritte al ruolo e ancora da riscuotere ammontano a circa 80 miliardi di euro e ipotizzando, con la dovuta cautela, che le sanzioni e gli interessi rappresentino mediamente il 32 per cento di questa cifra, le maggiori entrate che ogni anno l’erario potrebbe incassare da tutti i contribuenti coinvolti sono superiori a 1,2 miliardi di euro.

LA CRONISTORIA

Fino al 12 luglio del 2011 gli interessi di mora (articolo 30 del Dpr 602/1973), previsti nella misura del 4,88%, erano applicati:

  1. sul debito tributario dovuto;
  2. sulle sanzioni dovute;
  3. sugli interessi per il tardato versamento del debito tributario ora del 4% (calcolati con riferimento al periodo che va dalla data in cui le imposte accertate avrebbero dovuto essere versate fino al momento in cui il contribuente deve versare le somme emergenti dalla cartella di pagamento).

Una norma incomprensibile. Anche perché nello stesso ordinamento sanzionatorio viene disposto, in modo chiaro, che le sanzioni non possono produrre interessi (vedi dall’articolo 2, comma 3 del DLgs n. 472/1997).

A seguito delle proteste, capofila la CNA, lo squilibrio delle norme sulla riscossione coattiva venne abrogato dal Dl n. 70/2011 (articolo 13, comma 5). Dal 13 luglio 2011, gli interessi di mora dovuti su cartelle esattoriali non pagate sono calcolati esclusivamente sul debito tributario.

Ora questa norma di civiltà giuridica e fiscale ottenuta nel 2011 rischia di essere abrogata da otto parole inserite dal Governo nello “Schema di decreto legislativo recante misure per la semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione” (atto del Governo sottoposto a parere parlamentare n. 185).

In allegato l’Atto del Governo.