Nel 2015 le imprese che lavorano per la pubblica amministrazione, due milioni in tutto, soffriranno di un ammanco di cassa mensile pari a un miliardo e mezzo, a causa del mancato incasso dell’Iva. Ciascuna avrà bisogno di 9.300 euro al mese. Le 310 mila imprese destinatarie del reverse charge sconteranno, nel complesso, un ammanco mensile di 340 milioni di euro, circa 1.110 euro ognuna.
E’ il devastante effetto finanziario dell’applicazione dello split payment e del reverse charge che emerge da un nuovo studio dell’Osservatorio nazionale della CNA sulla tassazione delle piccole imprese.
Per chiarezza. Con l’introduzione dello split payment, dallo scorso 1° gennaio le pubbliche amministrazioni devono versare direttamente all’Erario l’Iva relativa alle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei loro confronti. Le imprese, dunque, non ricevono più l’Iva, ma devono continuare a pagarla ai loro fornitori; ciò significa che in cassa, al posto della liquidità, avranno solo crediti Iva sugli acquisti.
Quanto al reverse charge (inversione contabile), è stato ampliato il raggio d’azione di questo meccanismo, in base al quale, detto in estrema sintesi, il destinatario di una cessione di beni o di una prestazione di servizi, se soggetto passivo, deve adempiere agli obblighi relativi all’Iva al posto del cedente o del prestatore.
“Come ripetiamo da settimane, il governo deve immediatamente correggere il tiro, perché queste misure costituiscono un colpo durissimo a un sistema imprenditoriale già allo stremo. Abbiamo invitato tutti i parlamentari a sostenere il nostro appello -dice Luigia Luigia Melaragni, segretaria della CNA di Viterbo e Civitavecchia-. La preoccupazione delle imprese è enorme, come è evidenziato anche dal numero delle adesioni, più di 30mila in pochi giorni, alla petizione online promossa da CNA a livello nazionale per chiedere l’abrogazione dello split payment”.
Secondo lo studio dell’Osservatorio CNA, in particolare, ad essere maggiormente penalizzate dal reverse charge, risultano le imprese che operano nel settore installazione impianti, con un deficit finanziario di 212 milioni dal mese, in media 1.520 euro ciascuna. Seguono quelle edili che si occupano di “completamento di edifici”, con un ammanco mensile di 104 milioni. Quindi, è il turno delle imprese che effettuano pulizie di edifici a favore di altre società, con una carenza di fondi complessiva mensile di 28 milioni di euro.
Oltre all’effetto sull’equilibrio finanziario a breve, anche le conseguenze economiche sono tutt’altro che indifferenti. Le imprese, infatti, avranno il problema di recuperare completamente l’Iva sulle operazioni di vendita effettuate con la pubblica amministrazione, non potendo più compensarla con l’Iva sulle vendite. A causa dello split payment, le imprese dovranno recuperare circa 15 miliardi di Iva sugli acquisti; quelle soggette al reverse charge – secondo le stime della CNA – dovranno trovare il modo di recuperare complessivamente ben 2,250 miliardi all’anno di Iva anticipata ai propri fornitori.
Potranno scegliere di compensare i crediti Iva in sede di dichiarazione annuale, con tempi di attesa particolarmente lunghi, che possono arrivare anche a 15 mesi. In questo caso, dovranno pagare da 300 a mille euro di oneri amministrativi. Qualora volessero anticipare il recupero, chiedendo la compensazione dei crediti maturati con cadenza trimestrale, secondo stime dell’Osservatorio CNA, gli oneri amministrativi annuali partono da 780 euro e possono arrivare fino a 1.900 euro per le contabilità più complesse.
Per recuperare le risorse finanziarie perse, i costi del credito bancario diventano proibitivi. Solo per effetto dello split payment, ipotizzando che tutti i contribuenti accedano alla compensazione dei crediti Iva nella dichiarazione annuale, gli oneri finanziari complessivi aumenterebbero a 578 milioni di euro. In caso di compensazione trimestrale, invece, gli oneri bancari per recuperare all’ammanco finanziario sarebbero di circa 270 milioni di euro.
Insomma, un quadro particolarmente pesante, solo in parte mitigato dalla disposizione contenuta nel decreto “appalti”, che porta dal 10 al 20 per cento l’anticipazione sul prezzo, concessa alle imprese fornitrici della pubblica amministrazione. E’ urgente, dunque, un intervento correttivo.
Ricordiamo che la petizione “No allo split payment” può essere firmata accedendo ai siti www.cna.it e www.cnaviterbocivitavecchia.it.
Info: CNA, a Viterbo in via I Maggio 3, telefono 0761.2291; a Civitavecchia in via Palmiro Togliatti 7, telefono 0766.542213.