“Le piccole imprese sono la colonna portante dell’economia. Quelle di media dimensione sono più produttive delle concorrenti francesi, britanniche, perfino tedesche. E trainano le esportazioni. Ma la politica italiana non ha realizzato strumenti tagliati su misura per sostenerle, come si fa invece in tutto il mondo, dagli Usa al Regno Unito, dalla Germania al Giappone e all’Australia. Certo, il governo sta facendo delle cose, ma può fare di più e meglio”. L’analisi di Sergio Arzeni – da molti anni all’Ocse, dove dirige il Centro per l’imprenditorialità, le Pmi e lo sviluppo locale – non fa sconti. il problema principale delle piccole imprese italiane, per l’economista di base a Parigi, rimane il credito: “Fino a un importo di 100mila euro un imprenditore può rivolgersi alla cerchia di familiari e amici, oltre il milione la cifra diventa interessante anche per una banca. Ma la fascia intermedia rimane scoperta”. E l’Italia non dispone di strutture ad hoc, non ha un’agenzia né un istituto di credito vocati alle Pmi: “Mentre le banche italiane rimangono sospese, in attesa degli stress test della Bce, e così lesinano il credito. E la mancanza di credito fa morire molte, troppe imprese”.
Oltre al credito, un altro punto debole delle Pmi, soprattutto delle micro e piccole imprese, è quello della formazione: “Le imprese con pochi dipendenti trovano difficile fare formazione fuori dall’azienda, senza prevederne nemmeno i reali risultati. E’ evidente che bisogna rivoluzionare il sistema formativo, permettere che si faccia la formazione nell’impresa, come in Germania, un caso di assoluto successo. Perché la competitività di qualsiasi impresa dipende prima di tutto dalle persone che ci lavorano, ma nel mondo dell’economia della conoscenza un fattore molto critico è quello della rapida obsolescenza della conoscenza”. Anche il problema della trasmissione dei saperi e della successione alla guida dell’impresa non è indifferente: “L’invecchiamento di una generazione di imprenditori e l’abbandono delle loro imprese si sta trasformando in una distruzione di ricchezza gravissima. Occorre agevolare il passaggio generazionale, prima di tutto a livello fiscale”. Insomma, dall’Ocse arriva un chiaro messaggio alla politica italiana: le Pmi hanno bisogno di un ambiente adatto. “Attenzione, però, quando si dice che bisogna creare un ambiente adatto a tutte le imprese – conclude Arzeni – significa che non si fa nulla per le piccole imprese. Che invece hanno bisogno di strumenti non solo per combattere le situazioni di emergenza, ma anche per irrobustirsi e crescere. Né basta l’inizio di una correzione di un’anomalia per lanciare annunci. E’ il caso del pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione. In Germania, con la crisi, sono stati ridotti a quindici giorni. Questo significa liberare le imprese dalla necessità di attingere al credito”.
Soddisfatto dell’incontro il presidente Daniele Vaccarino: “Arzeni ha confermato quanto noi diciamo da tempo, con grande autorevolezza. Soprattutto nella richiesta di politiche e strumenti adatti alle esigenze delle Pmi. Non credo si arriverà mai in Italia ad avere un ministero delle piccole imprese ma almeno una maggiore attenzione di quella, in questo momento carente, che ci riserva il ministero dello Sviluppo economico, mi pare sia il minimo” . Questo appuntamento – conclude Vaccarino -“rientra nella trasformazione della Cna che, da difensore in senso lato delle piccole imprese, sta compiendo un salto di qualità e punta anche a mettere insieme le imprese e ad aiutarle a trovare nuovi mercati. Una ricerca particolarmente importante in questo momento con la crisi sul fronte ucraino che sta creando difficoltà alle imprese dell’agroalimentare, dell’arredo, della moda, del calzaturiero”.