Si è svolta oggi l’audizione di CNA e Confartigianato davanti la nona Commissione “Industria” del Senato in merito allo stato dell’automotive in Italia.
Un settore che conta complessivamente 557.290 addetti.
Nella filiera dell’auto sette addetti su dieci, equivalenti a 386.770 lavoratori, sono impiegati in imprese con meno di 50 addetti (48,5% in imprese con meno di 10 addetti e 20,9% in imprese con 10-49 addetti). Nella produzione, i lavoratori sono concentrati (85,9%) in imprese con oltre 50 addetti, mentre nei servizi e commercio della filiera la gran parte degli operatori (92,3%) lavora in imprese con meno di 50 addetti. Al comparto artigiano appartiene il 42,2% del numero complessivo di imprese della filiera auto con 73.714 unità.
Nel 2021, ultimo dato Istat disponibile, in Italia gli addetti in imprese artigiane attive nella filiera auto sono 179.208 e rappresentano il 32,3% dell’occupazione complessiva del settore. Numeri importanti, se si pensa che nell’arco di dieci anni (2012-2021), l’autoriparazione risulta la componente più dinamica della filiera auto in termini di occupazione. In questo panorama, si inseriscono le azioni svolte dall’Unione Europea finalizzate a rafforzare le politiche volte a ridurre l’impatto ambientale del settore nell’ambito della transizione ecologica.
Nello specifico, nuovi ambiziosi obiettivi per il settore sono stati definiti dal pacchetto “Fit for 55%”, lanciato dalla Commissione Europea nel luglio del 2021 per accelerare il percorso di contrasto al cambiamento climatico; il pacchetto normativo nel suo complesso mira a ridurre di almeno il 55% le emissioni di CO2 entro il 2030 e a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Tali obiettivi sono poi definiti in target specifici, ulteriormente rafforzati attraverso il Piano RepowerEU emanato a seguito della pesante crisi energetica. Al di là degli ambiziosi impegni comunitari sono altrettanto evidenti però i rischi di forzare con vincoli normativi una transizione che guardi a una sola tecnologia.
La transizione verso una mobilità sostenibile richiede dunque più che in altri ambiti un intervento complessivo ma graduale e accompagnato, in grado cioè di fornire agli operatori del settore gli strumenti adeguati a una transizione “soft”, che non produca choc al sistema e che non scarichi su imprese e cittadini i costi necessari per garantire la sostenibilità del settore.
In questo quadro generale, le due associazioni hanno evidenziato le azioni che occorrono per dare un impulso immediato alle Mpmi del settore, e che possano intervenire sugli aspetti strutturali per rafforzare e stabilizzare la tenuta economica di settori a forte vocazione artigiana e impattati dalla transizione, come la componentistica e l’autoriparazione, valorizzando il ruolo di tali comparti nella filiera. In tal senso è necessario riconsiderare le opzioni tecnologiche disponibili in tema di mobilità sostenibile, affinché si individuino soluzioni che, anche alla luce dei nuovi scenari economici, consentano di coinvolgere e salvaguardare l’operatività delle imprese di autoriparazione.
Nell’ambito delle politiche di incentivazione, va introdotto un sistema strutturale di detrazioni fiscali. Inoltre, andrebbe favorita la riconversione dei motori endotermici consentendo l’impiego di carburanti e intervenendo attraverso sistemi di retrofit per ridurre le emissioni dell’attuale parco circolante. Contestualmente andrebbero ripristinati gli incentivi all’installazione di impianti gpl e metano sui veicoli datati e la riduzione della tassa di possesso e del premio assicurativo, in funzione del chilometraggio annuale.
Altre azioni necessarie sono il contrasto dell’abusivismo e della concorrenza sleale, l’ammodernamento delle infrastrutture e l’attivazione di processi di formazione verso le competenze. Inoltre, vanno rimossi gli ostacoli per l’accesso alle informazioni tecniche delle case costruttrici, essenziali per l’attività di autoriparazione in conformità agli standard richiesti.
È importante che il trend futuro sia caratterizzato da una mobilità ‘mista’, legata strettamente all’uso che si fa del veicolo e in questo senso non devono essere privilegiate fette di mercato a discapito di altre. Puntare in maniera esclusiva verso la trazione elettrica è controproducente sia perché è un ambito che presenta ancora varie incognite, sia in quanto il motore endotermico ha molte potenzialità e possibilità di impiego anche con i carburanti alternativi e abbandonarlo significherebbe mettere a rischio il settore produttivo interessato.
Secondo il principio della neutralità tecnologica, è necessario orientare gli incentivi verso le migliori tecnologie disponibili sul mercato e allargare la platea dei fruitori, dosando le agevolazioni in base al conseguimento di obiettivi che siano effettivamente definiti e misurabili.