C’è da farlo conoscere, ma anche proteggerlo. Si parla di Made in Italy e la CNA ha avanzato le sue proposte nell’audizione alla Commissione attività produttive della Camera proprio su Indagine conoscitiva “Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell’impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi”.
Il brand ha una grande reputazione, va veicolato e messo al riparo dalle imitazioni, mettendo al centro il tema della manifattura e del legame dei luoghi in cui prende corpo, Secondo la CNA queste filiere produttive devono essere dichiarate strategiche, da qui emerge la necessità di politiche che vadano in questa direzione: industriali, del lavoro, della formazione, dell’innovazione.
Il punto da cui partire dal binomio scuola-lavoro, ovvero da una sinergia più stretta tra il mondo dell’istruzione e della formazione e quello della piccola imprenditoria. Da qui si può andare verso il rilancio di una politica distrettuale, che aprirebbe la strada a collaborazioni, aggregazioni, messa in rete di imprese. E ovviamente ai giovani, alla costruzione di un percorso che li introduca nella produzione manifatturiera, come dipendenti ma anche come imprenditori.
La filiera del Made in Italy conta attualmente circa 155 mila aziende, la quasi totalità sono micro e piccole imprese (il 96,7% del totale e il 46,7% dell’occupazione complessiva). Di cosa hanno bisogno? Di tante azioni: un supporto nell’internazionalizzazione, un potenziamento dei canali distributivi, figure professionali idonee da reperire nel mercato del lavoro, tutela nella trasmissione del bagaglio di esperienze e del sapere artigiano alle nuove generazioni. Anche perché in questo campo sono il 77%, hanno dato al Made in Italy un contributo fondamentale e meritano la giusta considerazione.