Non fa più notizia, ormai, il peso della burocrazia che schiaccia le imprese e ne impedisce la crescita. “Ma il problema c’è e sollecita un atto di responsabilità da parte del governo e del Parlamento. Perché, in una fase congiunturale così complessa, gli effetti negativi della mancata reale semplificazione risultano moltiplicati. Quale futuro può avere una piccola impresa se ogni anno la macchina della burocrazia le brucia 47 giorni di lavoro, le consuma 28 giorni dei dipendenti e le costa 11mila euro? E quale capacità di attrazione all’estero può esercitare un Paese che non riesce a liberarsi di questo mostro?”. Luigia Melaragni, segretaria della CNA Associazione di Viterbo e Civitavecchia, commenta i risultati del sondaggio Ipsos – CNA, condotto alla fine dello scorso mese di dicembre a livello nazionale. La domanda era: “Quali e quanti oneri burocratici affrontano artigianato e piccole e medie imprese in Italia?”.
La burocrazia è una tassa nascosta che vale 5 miliardi di euro, più della metà dell’Imu pagata dalle stesse imprese (9 miliardi). A questa cifra vanno aggiunti i costi per gli specialisti e i consulenti esterni.
Vediamo, in estrema sintesi, cosa emerge dal sondaggio.
Fisco. Gli imprenditori si sentono oppressi maggiormente dal fisco, soprattutto se operano nel settore dei servizi e se hanno pochi dipendenti. Il 95 per cento delle imprese ha bisogno di ricorrere a consulenti esterni per far fronte agli adempimenti fiscali.
Ambiente e sicurezza. La burocrazia investe una quota ridotta di imprese: in primis, quelle che hanno a che fare con i rifiuti pericolosi; in seconda battuta, quelle che lavorano nei cantieri. Il supporto esterno è richiesto dal 73 per cento delle imprese per gli adempimenti relativi a questa area.
Consulenza esterna. Dopo quelli fiscali, al secondo posto, in termini di complessità, compaiono, appunto, gli adempimenti in materia di ambiente e sicurezza, ritenuti particolarmente ostici da una impresa su tre. Solo gli adempimenti riferiti al lavoro vengono indicati come molto complessi da una quota esigua di imprenditori (8 per cento del totale).
Diffusione e grado di difficoltà degli adempimenti. Tracciabilità del contante e Durc (Documento unico di regolarità contributiva) sono le pratiche più diffuse, Sistri e responsabilità solidale negli appalti le più problematiche.
Il “fastidio” degli adempimenti burocratici sulla vita delle imprese deve essere valutato secondo una duplice dimensione: il grado di diffusione, dato dal numero di imprese chiamate ad assolvere l’adempimento, e la difficoltà, cioè il livello di problematicità dello stesso.
Diffusione. Se la diffusione degli adempimenti viene suddivisa in fasce (alta, se l’adempimento coinvolge più del 50 per cento; media, se riguarda una quota di imprese compresa tra i 30 e i 50 punti percentuali; bassa, se riferita a non più del trenta per cento), emerge che i più diffusi sono quelli fiscali, seguiti, nell’ordine, da quelli del lavoro e dell’area ambiente e sicurezza: i primi sono la tracciabilità dei contanti e il Durc, che interessano rispettivamente il 90 e il 71 per cento delle imprese, seguiti da due adempimenti relativi all’area del lavoro (convalida dimissioni e risoluzioni contrattuali e ragioni/vertenzialità contratti a tempo indeterminato, che coinvolgono, rispettivamente, il 58 e il 52 per cento delle imprese).
L’area fiscale (annotazione ricevute e scontrini e spesometro) e quella del lavoro (formazione in ambito di apprendistato) occupano interamente anche la fascia della diffusione media. Gli adempimenti relativi alla sicurezza e all’ambiente (annotazione emissioni in atmosfera, Sistri, piano operativo di sicurezza per cantiere, gestione “igiene degli alimenti”) riguardano, invece, meno di una impresa su quattro.
Difficoltà. Il quadro cambia parecchio quando gli adempimenti vengono classificati in ordine di difficoltà. Il Sistri risulta, infatti, di gran lunga il più ostico (61,9 per cento degli interessati), seguito a distanza dalla responsabilità solidale negli appalti (indicato come il più problematico dal 42,9 per cento delle imprese chiamate ad assolverlo).
Costi inaccettabili. Per il 72 per cento delle imprese, l’aspetto meno accettabile della burocrazia è rappresentato dai costi da sostenere per le pratiche. Una quota quasi identica (68 per cento) mette sotto accusa la perdita di tempo derivante dall’assolvimento delle pratiche burocratiche. L’imprenditore, oltre a dover disporre di consulenza esterna, è coinvolto direttamente: come si è detto all’inizio, deve sottrarre 47 dei propri giorni lavorativi in un anno e rinunciare a 28 giorni lavorativi dei propri dipendenti. Tradotto in cifre, tutto questo significa che la burocrazia costa ad ogni impresa qualcosa come 11 mila euro l’anno.