Una foto senza filtri, presentata con tutte le sue imperfezioni. È quella scattata dallo studio di Unioncamere e Infocamere sull’evoluzione delle imprese artigiane negli ultimi 10 anni, sulla base di Movimprese.
Lo scatto per la provincia di Viterbo è scuro: nel periodo di riferimento, sono state perse per strada oltre mille imprese artigiane. Sono 1.007 per la precisione, pari a un saldo negativo del 13,2%: al 31 marzo 2021 sono 7.189 quelle del settore registrate, di cui 5.747 individuali. In quest’ultimo caso, le imprese che hanno chiuso sono 790 sul totale di 1.007.
“Il trend di erosione – dice Luigia Melaragni, segretaria della CNA di Viterbo e Civitavecchia – è un fenomeno che purtroppo osserviamo ormai da anni, anche se i numeri del primo trimestre 2021 ci fanno ben sperare, poiché mostrano un artigianato che regge nonostante tutto. Se guardiamo invece quelli del lungo periodo dello studio Unioncamere e Infocamere, dal 2011 ad oggi superiamo di 1,5 punti la media nazionale riferita al saldo negativo”.
L’Italia ha perso infatti l’11,7, mentre il Lazio un punto in più. In graduatoria Viterbo si piazza al 47° posto insieme a Brescia. A livello regionale, peggio di noi fanno Rieti (-14,8) e Frosinone (-14,7), molto meglio della Tuscia viterbese, però, Latina (-8,7) e soprattutto Roma, che dal 2011 ad oggi ha perso solo il 2,3%.
La Tuscia Viterbese mantiene un patrimonio di 3.199 imprese under 35, che però nel 2011 erano l’11,6 per cento del totale, mentre ora sono solo l’8,4: siamo a -3,2.
In tutto il Lazio le imprese artigiane sono 96.421. Facendo un confronto tra fasce d’età e genere, si scopre che sono appena 3.156 quelle con titolari di età compresa tra i 18 e i 29 anni (2.292 uomini e 864 donne), tra 30 e 49 sono 33.761 (27.058 a 6.713), da 50 a 69 sono invece 38.566 (32.709 a 5.857), mentre gli over 70 arrivano a 4.919 (4.187 a 732). In ambito nazionale, a perdere di più nell’ultimo decennio sono stati trasporti e logistica (-22,4%) e manifatturiero (-18), ma c’è anche chi ha fatto passi in avanti, in certi casi balzi, come i servizi alle imprese (+41,6) e quelli di informazione (+24,8).
“L’artigianato resta una colonna portante della nostra economia, un presidio, come abbiamo avuto modo di vedere durante la pandemia. C’è però la necessità di sostenerne l’innovazione, a partire dalla digitalizzazione. E di facilitare il ricambio generazionale, attraverso un forte investimento nella formazione, insieme – conclude Melaragni – all’incentivazione dell’imprenditorialità femminile”.