CNA ha siglato oggi, assieme alle altre associazioni di rappresentanza dell’artigianato, l’accordo con Cgil-Cisl-Uil sul nuovo modello contrattuale e di relazioni sindacali nel comparto.
“L’accordo firmato per l’artigianato e le piccole imprese rappresenta una pietra miliare nella storia delle relazioni sindacali italiane”. Sergio Silvestrini, segretario generale della CNA, sottolinea che la storica firma riconosce il ruolo fondamentale dell’artigianato e delle piccole imprese nell’assetto socio-economico e l’esigenza di un sistema di relazioni più adeguato ai tempi. “L’intesa dimostra la capacità delle parti sociali – continua Silvestrini – di raccogliere la sfida imposta dalla crisi e più ancora dal rimodellamento del sistema economico e sociale che ne scaturisce. Le parti sociali, superando eventuali punti critici, si sono messe insieme per offrire all’intero Paese un modello di convergenza fattiva: non è più tempo di sterili contrapposizioni, infatti, né di recriminazioni inutili e fini a se stesse”.
Quali sono i punti qualificanti dell’intesa sottoscritta con i sindacati? Si passa dai quattordici Contratti collettivi nazionali a quattro Contratti d’area: Manifattura, Servizi, Autotrasporto ed Edilizia con durata quadriennale. Una “razionalizzazione e semplificazione dei Contratti, che restano – afferma il vicepresidente di CNA con delega per le politiche del lavoro e delle relazioni sindacali, Gino Sabatini – un presidio fondamentale per la tutela delle garanzie salariali e normative di base per tutti i lavoratori dei settori rappresentati”.
Si tratta di un nuovo patto sociale per lo sviluppo del mercato del lavoro, delle relazioni sindacali e della bilateralità, mirato a sostenere e a rilanciare la ripresa del tessuto produttivo italiano, composto in prevalenza da imprese artigiane, piccole e medie. Le parti sociali indicano al legislatore, così, una strada condivisa per favorire la crescita e lo sviluppo attraverso un rinnovato sistema di relazioni sindacali.
Le parti sociali si pongono, infatti, l’obiettivo di realizzare, con questo accordo, un ammodernamento del sistema di relazioni sindacali e di contrattazione collettiva, al fine di contribuire fattivamente alla crescita dell’Italia, al necessario miglioramento della competitività attraverso l’incremento della produttività delle imprese e al rafforzamento dell’occupazione attraverso la creazione di posti di lavoro qualificati.
Si guarda a un sistema di relazioni dinamiche, che incida positivamente su un assetto economico-produttivo in grado di vincere le sfide poste dai mercati, dalla tecnologia e dai conseguenti cambiamenti del lavoro.
Il nuovo modello contrattuale garantisce ai lavoratori non solo la tutela del salario minimo, ma anche le tutele normative e del welfare che, al contrario, una eventuale norma di legge che imponesse un salario minimo cancellerebbe.
La contrattazione collettiva continua ad articolarsi su due livelli interconfederali, nazionale e di categoria, a loro volta divisi tra livello interconfederale regionale e di categoria, di pari “cogenza”. Secondo una consolidata prassi negoziale, ogni livello dovrà garantire specifiche funzioni.
Il Ccnl d’area assolve la sua funzione di strumento di regolazione nazionale dei rapporti di lavoro e garantisce trattamenti economici e normativi omogenei su tutto il territorio nazionale.
Le parti sociali, inoltre, hanno rafforzato l’impegno a investire sul welfare di bilateralità.
La bilateralità si sta rivelando fondamentale per fronteggiare la grave crisi in corso e lo sarà ancora di più per rilanciare il Paese con strumenti di sussidiarietà partecipati dalle parti e senza oneri per lo Stato.
Le parti sociali, insomma, puntano a guidare il processo di trasformazione del mercato del lavoro, contrastando gli effetti negativi della pandemia nonché definendo le politiche settoriali di sviluppo per la tutela e la riqualificazione delle attività produttive e dei livelli occupazionali, che rappresentano una linea guida fondamentale delle relazioni sindacali nel comparto.