“È sempre più urgente un chiarimento del governo sulla questione della sanificazione degli ambienti di lavoro. In materia, continuano a sussistere, purtroppo, interpretazioni scorrette, che rischiano di far sprecare alle imprese risorse ingenti per attività che non hanno alcuna efficacia rispetto al contrasto del virus”. Lo sostiene la CNA, che torna su un tema ripetutamente sollevato nelle ultime settimane.
“Il termine sanificazione utilizzato dai vari Protocolli e Linee guida è contradditorio e induce confusione con le indicazioni di disinfezione pubblicate dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di sanità. E sono proprio le indicazioni di disinfezione continua e attenta dei luoghi di lavoro con i prodotti indicati come efficaci contro il virus Covid-19 che possono salvaguardare la salute dei lavoratori e dei terzi, clienti o fornitori che siano. I datori di lavoro – sottolinea l’Associazione – hanno la necessità di ottenere indicazioni chiare e univoche senza doversi districare, con esiti incerti e talvolta pericolosi, in questa giungla di comunicazioni e normative”.
Insomma, la CNA chiede che il governo chiarisca finalmente, in maniera univoca, che le attività di pulizia e la disinfezione quotidiana con le procedure e i prodotti indicati dal Ministero della Salute sono le uniche considerate valide ed efficaci nel contrastare la diffusione del virus e che i relativi costi che le imprese sono chiamate a sostenere saranno riconosciuti come credito d’imposta.
Il chiarimento – evidenzia la CNA di Viterbo e Civitavecchia – è ancora più urgente dopo la pubblicazione del decreto Rilancio, che prevede, appunto, un credito d’imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute nel 2020 per la “sanificazione degli ambienti di lavoro” e degli strumenti utilizzati nell’ambito dell’attività lavorativa, oltre che per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di sicurezza (dai termoscanner ai pannelli protettivi) nonché di prodotti detergenti e disinfettanti, fino a un importo massimo di 60mila euro.