Nell’arco di un decennio, tra il 2009 e il 2019, il numero delle imprese artigiane nel Lazio si è ridotto del 6,8 per cento (- 12,2 in Italia). Ma se a Roma la contrazione si è fermata al 4 per cento, nelle province, Viterbo compresa, è andata oltre il 10 per cento e in alcuni comuni dell’area romana, come Civitavecchia, ha superato gli 8 punti percentuali. Ed è diminuita considerevolmente la quota delle imprese dell’artigianato in rapporto al totale: dal 22 al 18,9 per cento (25,1 a livello nazionale), con Viterbo, Rieti e Frosinone che confermano la loro vocazione artigiana, grazie al fatto che l’incidenza del comparto nell’economia resta comunque superiore al 20 per cento.
Ma come è cambiato l’artigianato? E come è orientata la domanda di lavoro? C’è spazio per i giovani? Una fotografia dettagliata è stata scattata dal Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi Roma Tre, che ha elaborato il 1° Rapporto di ricerca sull’artigianato nella regione, commissionato da Eblart (Ente bilaterale dell’artigianato nel Lazio). “Uno studio originale, che fornisce informazioni importanti a tutti i soggetti chiamati a disegnare politiche che abbiano un impatto effettivo sulle realtà imprenditoriali e sull’occupazione”, afferma Luigia Melaragni, segretaria della CNA di Viterbo e Civitavecchia.
“Il comparto ha vissuto, negli ultimi dieci anni, una profonda trasformazione. Nella Tuscia – spiega Melaragni – i servizi alle imprese hanno fatto registrare un incremento del 31 per cento, che però non ha compensato le perdite nel trasporto e magazzinaggio (- 33), nei servizi di alloggio e ristorazione (- 19), nella manifattura (- 17). Buona performance dei servizi alle imprese anche a Civitavecchia, Cerveteri e Ladispoli (in quest’ultimo comune con un + 50 per cento), ma anche qui la manifattura reca il segno meno (a Civitavecchia la contrazione è intorno al 40), è negativo il dato degli esercizi commerciali artigiani (- 40 per cento a Civitavecchia e – 30 a Ladispoli) e delle costruzioni”.
“Si è fatta strada la tendenza a uno spostamento rilevante dalle attività produttive ai servizi alle imprese e ai servizi alla persona. In questo contesto, che è certamente di sofferenza per gli artigiani, vanno colti due dati relativi alla domanda di lavoro. Innanzitutto, il ricambio generazionale, che ha determinato un ringiovanimento della forza lavoro, tanto che nel 2018 i giovani fino a 29 anni hanno rappresentato il 42,7 del totale degli assunti: per più della metà di quelli che hanno fatto ingresso nelle imprese di estetica, acconciatura, meccanica e termoidraulica e per il 18,4 per cento del totale degli avviati al lavoro nel comparto, è stata utilizzata la tipologia contrattuale dell’apprendistato, che lo stesso Rapporto definisce ‘nuova linfa per l’artigianato’. Si rileva poi l’incremento costante della quota di donne assunte, passate in dieci anni dal 36,6 al 44,3 per cento. Incremento che prefigura una parità di ingressi tra uomini e donne entro i prossimi cinque anni”, sottolinea la segretaria della CNA.
“Quest’ultimo dato è certamente legato al boom dei servizi di estetica, che, con le imprese della meccanica, dell’alimentazione e panificazione e del tessile moda, hanno concorso a determinare, nel 2018, il saldo positivo di 1.468 nuove unità di lavoro, mentre proseguiva l’emorragia in settori ‘pesanti’ come l’edilizia. Naturale che – puntualizza Melaragni – dovremo ragionare sulla forte crescita delle assunzioni a tempo determinato a scapito di quelle a tempo indeterminato e sul fatto che nel 2018 a quasi la metà degli assunti è stato applicato il part-time”.
“L’analisi della nuova realtà artigiana e della domanda di lavoro è utile all’Eblart e a chi, come CNA, ha un ruolo nella bilateralità per definire ulteriori misure di sostegno, per esempio nel campo della formazione, e l’offerta di innovative prestazioni di welfare. Al tempo stesso, bisogna facilitare l’attivazione e la gestione dei contratti di apprendistato, canale privilegiato per l’assunzione stabile e una reale trasmissione delle competenze. CNA – afferma Melaragni – sta collaborando, in tale ottica, con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali”.
“In questi giorni, una scelta significativa è stata altresì compiuta in Senato con l’introduzione, nella legge di bilancio, di uno sgravio contributivo totale, per i primi tre anni, a favore dei contratti di assunzione di apprendisti di primo livello da parte di imprese fino a nove dipendenti. Uno stimolo – conclude la segretaria della CNA – all’occupazione giovanile, che ci sta molto a cuore”.