Nel 2011, l’indagine effettuata da R.T.I. Easy Ernest & Young su incarico del ministero delle Infrastrutture e Trasporti, indicava scientificamente che, in Italia, i veicoli pesanti avevano le velocità commerciali di 48 Km/h per la rete nazionale, 35 km/h per la rete regionale e 50 km/h per la rete internazionale.
Dopo otto anni, i veicoli pesanti, su buona parte della rete stradale nazionale, viaggiano a 40 chilometri orari: una involuzione che la dice lunga sullo stato delle nostre infrastrutture.
Le imprese di autotrasporto e tutti gli utenti sono costretti a ridurre la velocità commerciale e subire i disagi e il conseguente innalzamento dei costi a causa di una opinabile gestione degli interventi sulla rete stradale, anche in relazione al verificarsi degli eventi atmosferici.
Per non dire delle opere stradali che risalgono agli anni ’60 e che, invece di essere state oggetto di monitoraggio e manutenzione programmata nel corso degli anni – cosa che avrebbe permesso di dilazionarne le criticità – sono finite sotto esame per la sicurezza in contemporanea, con la conseguenza che spesso è complicato individuare percorsi alternativi ovvero si allunga di molto la percorrenza.
Oggi, in questo scenario rientra l’A6 Torino – Savona che, sebbene il crollo di una parte del viadotto “Madonna del Monte” sia stato determinato da un evento atmosferico eccezionale, rientra nell’indagine conoscitiva dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) sulle spese di manutenzione ipoteticamente effettuate dai concessionari autostradali.
Anche sull’A14, a causa del dimezzamento della carreggiata, sia in direzione sud che nord, i camion viaggiano con un limite di 40 chilometri orari.
Se ieri la riduzione della velocità commerciale e l’allungamento del viaggio ha interessato il viadotto “Puleto” ed ancora prima il Ponte “Morandi”, domani il problema interesserà una delle 1.918 opere sulle quali l’Unione delle Province Italiane ha chiesto di intervenire urgentemente perché a forte rischio di sicurezza.
Poi ci sono i disagi che si subiscono da decenni, come nel caso delle opere incompiute e necessarie per accorciare le distanze, una fra tutte la realizzazione dell’autostrada Ragusa – Catania il cui progetto risale addirittura al 1998: un potenziale volano per l’economia del territorio sud-orientale delle Sicilia e per il Paese.
Se non ci fossero tutti questi colli di bottiglia, tante limitazioni, un camion di massa complessiva superiore a 12 tonnellate nelle strade extraurbane potrebbe viaggiare a 70 chilometri orari, mentre potrebbe percorrere l’autostrada a 80 chilometri orari.
Con queste velocità, al termine delle quattro ore e mezza di guida previste dalla normativa, si percorrerebbero rispettivamente 315 e 360 chilometri.
Invece, viaggiando a 40 Km/h, in quattro ore e mezza di guida, si percorrono esattamente la metà dei chilometri, con costi della manodopera raddoppiati e difficoltà a garantire lo stesso numero di servizi che ricadono puntualmente sulle spalle delle aziende di autotrasporto, minandone la competitività e produttività.
Sarebbe ora che chi gestisce le strade si assuma la responsabilità di questo stato di fatto e intervenga di tasca sua per sanare la situazione. Evitiamo che oltre al danno vi sia anche la beffa: piuttosto che aumentare sistematicamente i pedaggi autostradali – situazione non più tollerabile – si introduca un meccanismo che riduca il costo del pedaggio a fronte di evidenti disagi causati alle imprese. Si pensi ad una compensazione automatica a carico degli enti che gestiscono le strade.
Si adotti un piano straordinario della mobilità per i veicoli pesanti, si monitorizzi sistematicamente lo stato delle infrastrutture viarie e se ne programmi la puntuale manutenzione, si adotti un catasto nazionale delle strade.
In questo contesto, proporre di aumentare il monte ore complessivo dei divieti di circolazione per l’anno 2020 dei mezzi pesanti, significa non tenere conto di questa critica situazione della viabilità italiana e infliggere il colpo di grazia all’autotrasporto, all’economia ed all’intero Paese.
Anche a fronte di questo drammatico scenario auspichiamo che i Ministeri competenti possano concordare al più presto un incontro con le associazioni di categoria stabilendo tempi e modi per rivedere complessivamente la struttura e l’impostazione del calendario dei divieti di circolazione.
Dato lo stato della viabilità italiana, è indispensabile che si introducano misure in grado di combinare le esigenze di sicurezza stradale con gli effetti che i divieti determinano sulla attività di autotrasporto nonché sul sistema economico produttivo nel suo complesso.