CNA non si arrende. Prosegue il pressing dell’Associazione degli artigiani e dei piccoli e medi imprenditori per l’abrogazione dell’articolo 10 del “decreto crescita”. Quest’ultimo, come è noto, per i lavori di efficientamento energetico e di prevenzione antisismica introduce la possibilità che il cliente richieda direttamente all’impresa uno sconto in fattura pari all’ammontare dell’incentivo fiscale che gli spetta. All’impresa, che potrà poi recuperare le somme anticipate sotto forma di credito d’imposta da utilizzare esclusivamente in compensazione, in cinque quote annuali di pari importo, si chiede, insomma, di fare da banca.
L’occasione per la cancellazione della norma è offerta, secondo la CNA, dalla conversione in legge del decreto legge numero 101 dello scorso 3 settembre, riguardante “Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali”. Ma bisogna fare in fretta. Il provvedimento è in discussione in Senato. Ci sono due giorni di tempo, fino al 3 ottobre, per proporre un emendamento che preveda di aggiungere un articolo – Art. 15-bis (Modifiche all’articolo 10 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34) – di neppure due righe: “All’articolo 10 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, i commi 1, 2 e 3 sono abrogati”.
La segretaria della CNA di Viterbo e Civitavecchia, Luigia Melaragni, ha dunque scritto ai parlamentari eletti nel territorio, invitandoli a raccogliere l’appello dell’Associazione e a presentare l’emendamento. “Confidiamo nel sostegno a questa richiesta – afferma -, anche in considerazione del fatto che diversi gruppi parlamentari, della maggioranza e dell’opposizione, hanno espresso, negli ultimi mesi, parere favorevole alla cancellazione di una norma tanto iniqua e pericolosa, che determina una distorsione della concorrenza. Le aziende dell’impiantistica, dell’edilizia e del legno rischiano di essere completamente emarginate dal mercato, a vantaggio di multiutilities ed ex monopolisti. Purtroppo i primi segnali negativi già si manifestano”.
Nella motivazione allegata all’emendamento, si evidenzia che “tra il 2016 e il 2017 la spesa di famiglie ed imprese per la riqualificazione energetica degli edifici si è attestata attorno ai 340 milioni di euro. Un risultato importante, da mettere in relazione alle detrazioni fiscali concesse dalla manovra 2013 e in seguito prorogate. Oltre all’ecobonus, anche il successivo sismabonus, definito in modo da offrire incentivi fiscali legati all’adozione di misure antisismiche fino all’85 per cento delle spese sostenute, ha avuto un riscontro di mercato più che positivo”.
“In questo quadro – si spiega – l’articolo 10 del decreto legge del 30 aprile 2019, numero 34, ha previsto che l’impresa esecutrice dei lavori anticipi al cliente il credito d’imposta sotto forma di sconto in fattura, fatta salva la possibilità riconosciuta in capo all’impresa di recuperare il credito d’imposta nell’arco di cinque anni tramite compensazione ovvero di cedere il credito d’imposta ai propri fornitori di beni e servizi. Tuttavia, nell’ipotesi di compensazione, si ignorano, da parte del legislatore, le difficoltà finanziarie e fiscali ricadenti sulle piccole imprese, costrette ad anticipare ingenti somme senza un immediato ritorno economico per il lavoro già svolto. Parimenti – si legge più avanti – la facoltà attribuita alle imprese di cedere il credito ai propri fornitori di beni e servizi si è rivelata del tutto inattuabile, stante la pratica invalsa tra i fornitori di informare i propri clienti, perlopiù piccole imprese dei settori impiantistico e legno-arredamento, di non accettare la richiesta di cessione”.
Melaragni ricorda che contro l’articolo 10 si sono mobilitate anche alcune Regioni. Nel Lazio un ordine del giorno che “impegna il presidente e la giunta ‘a compiere tutti gli atti necessari e propedeutici ad impugnare nelle sedi istituzionali e giurisdizionali competenti l’articolo 10” è stato presentato dal consigliere Enrico Panunzi.
Pochi giorni fa è stato altresì depositato il ricorso al Tar di un gruppo di imprese aderenti alla CNA contro l’Agenzia delle Entrate, per ottenere l’annullamento del provvedimento che rende operativo lo sconto in fattura.