Cala ancora il numero dei Neet italiani. Ma il nostro Paese rimane la “maglia nera” in Europa per i giovani tra i 20 e i 24 anni che non lavorano, non studiano e non si formano (dall’inglese, appunto, Neet). Lo rileva una indagine del Centro Studi di CNA nazionale. Nel 2014, in effetti, i Neet rappresentavano il 32 per cento della popolazione giovanile e nel 2018 la percentuale è scesa al 27,1. Resta comunque enorme lo scarto con l’Eurozona e la UE a 28 Stati: la media si attesta nel primo caso al 15,3 e nel secondo al 14,9.
C’è da dire che i dati di sintesi nascono da una media nazionale che accumuna due realtà purtroppo compiutamente diverse. Da una parte le regioni Centro – Settentrionali, in linea con i Paesi più sviluppati, dall’altra il Meridione, la cui performance è del tutto insoddisfacente. E la Tuscia presenta una situazione di chiara difficoltà. I dati arrivano, stavolta, dal Rapporto sull’economia presentato dalla Camera di Commercio di Viterbo all’inizio del mese. Dice Luigia Melaragni, segretaria della CNA di Viterbo e Civitavecchia: “Nell’analisi dedicata al mercato del lavoro, si è evidenziato che nell’ultimo anno il numero degli occupati è diminuito dell’1,3 per cento; contemporaneamente, è risultato in flessione il tasso di disoccupazione, sceso all’11,8 per cento, ma ancora superiore alla media nazionale, oggi del 10,6. Si tratta di un dato preoccupante, che, si legge nel Rapporto, evidenzia un calo delle forze di lavoro e un acuirsi del fenomeno dello scoraggiamento, con un aumento dei Neet tra i giovani così come tra i meno giovani”.
“Una situazione che desta allarme. E’ importante che la CNA, con l’indagine del Centro Studi, richiami l’attenzione sul record negativo dei Neet, approfondendone le cause e proponendo alcune soluzioni”, afferma Melaragni, che prosegue: “Il Paese è caratterizzato, da troppi anni, da ritmi di crescita insufficienti. Come si osserva nel documento del Centro Studi, ne discende la debolezza della domanda di lavoro, accentuata da una legislazione che spesso non facilita l’ingresso dei giovani, soprattutto nelle imprese micro e piccole, vale a dire nel 98 per cento del tessuto produttivo. Eppure le imprese artigiane micro e piccole sono il luogo ideale per i giovani in cerca di occupazione. Rappresentano una sorta di palestra per l’apprendimento di mestieri specializzati. Lo sanno bene, per esempio, i giovani che partecipano agli stage nelle botteghe previsti dai percorsi formativi organizzati dalla nostra società di formazione con l’obiettivo dell’innovazione e dello sviluppo dei mestieri artigiani”.
Ecco allora l’invito ad agire che CNA rivolge alla politica.
Si chiede, prima di tutto, di potenziare l’integrazione tra i diversi strumenti per l’occupazione e la formazione: l’alternanza scuola-lavoro, gli Istituti tecnici superiori (Its), il contratto di apprendistato, gli incentivi per l’assunzione dei giovani e dei residenti nel Mezzogiorno. Strumenti, tutti, che andrebbero tagliati su misura delle esigenze del sistema produttivo, in particolare per rispondere alle necessità delle imprese artigiane, piccole e medie. Proprio grazie a questi strumenti, del resto, l’impresa diffusa ha già ottenuto risultati soddisfacenti in termini di occupazione e di trasmissione dei saperi. Mentre per molti giovani hanno rappresentato il primo passo verso l’auto-imprenditorialità.
Serve altresì, secondo la CNA, un ulteriore sforzo per eliminare le difficoltà tecnico-operative che le imprese ancora incontrano, ad esempio nella fruizione degli sgravi contributivi o nell’avviamento dei percorsi di tirocinio.