Lentissimamente. Quasi impercettibilmente. Ma la forbice si stringe. Nella società e in particolare nel fare impresa la differenza sessuale tra donne e uomini sembra cominciare a sbiadire. Il nostro Paese compie un passettino in avanti. A registrarlo una indagine condotta da Swg per CNA nazionale, su un campione rappresentativo della società italiana, dedicata a “Donne, imprenditoria e accesso al credito”.
Un maggior reddito a disposizione e, di conseguenza, un futuro più sicuro sono le motivazioni che principalmente spingono una donna al lavoro. Il 31% delle interpellate è mosso da più cospicue entrate economiche, con un picco del 35% tra quante si situano nella fascia di età 35/54 anni e del 43% tra le residenti nelle regioni centrali. La sicurezza rispetto alle incertezze della vita stimola un altro 25% del panel con il tetto del 27% raggiunto sempre nella fascia 35/54 anni e del 36% al Sud.
A distanza (tra i risultati ai quali, potendo scegliere, le donne ambiscono sul fronte lavorativo) si piazza una maggiore gratificazione professionale, che si ferma al 13% del totale con il 15% raggiunto dalle donne che hanno oltre 54 anni di età e il 18% nel Nord Ovest. Una motivazione tallonata dalla disponibilità più elevata di tempo libero, che tocca il 12% delle coinvolte nell’indagine, stavolta con la massima percentuale (16%) nella fascia più giovane, tra i 18 e i 34 anni, e al Centro (15%). Una gratificazione meno palpabile – più riconoscimento sociale – è optata solo dal 6%, con variazioni limitate tra una fascia di età e l’altra e un picco territoriale al Sud (8%). Il 13%, infine, sceglie di non rispondere con una presenza maggiore tra le ultra-54enni (15%) e nel Nord Ovest (18%).
Un problema ricorrente nelle imprese italiane, soprattutto quelle artigianali e piccole, è il credito erogato con il contagocce. Ma, nella partita con le banche, spesso le donne imprenditrici (o aspiranti tali) e in genere le donne denunciano di essere trattate peggio degli uomini anche a parità di condizioni. E’ vero? Dalla indagine di Swg per CNA Nazionale questa asserzione è confermata, in un panel aperto anche agli uomini, dal 50% degli interpellati (43% degli uomini, 56% delle donne) con picchi del 58% nella fascia 18/34 anni e del 57% al Sud. Disaggregando questo risultato, emerge che a ritenere il trattamento in banca di molto peggiore per le donne è convinto il 12% della platea (8% uomini, 16% donne), con tetti per classe di età tra i 18/34enni (17%) e per macro-regioni nel Sud e nelle Isole (15%). Quasi scompare a livello di genere la differenza sulla valutazione di “abbastanza” – nella difficoltà di accesso al credito delle donne – che nel totale è indicata dal 38% di quanti partecipano all’indagine: il 35% degli uomini e il 40% delle donne, con risultati superiori alla media tra i più giovani (41%) e nel Sud (42%).
Nell’altra metà dell’universo, quanti sostengono che la differenza di genere nell’accesso al credito tra donne e uomini è scarsa sono il 30% (34% uomini, 26% donne) con presenze più spiccate tra gli ultra 54enni (33%) e al Centro e nelle Isole (38%). Tocca il 20%, infine, la quota di quanti non rilevano differenze di genere su questo fronte (23% uomini, 18% donne) con presenze più rilevati nella fascia 35/54 anni (23%) e nelle regioni del Nord Ovest (25%).
Tra quanti sono convinti che questa difficoltà di genere nell’accesso al credito esista, la motivazione che le donne potrebbero avere figli è la preferita dal 37% degli interpellati (33% uomini, 40% donne) con punte tra i 35 e i 54 anni (41%) e nelle regioni del Nord Est e del Centro (41%). A seguire in questa graduatoria è l’affermazione “le donne sono meno affidabili degli uomini”, fatta propria dal 27% del totale (31% uomini, 24% donne) con la fascia di età 18/34 anni (30%) e le Isole (31%) più convinte. Terza la motivazione “le donne mettono il lavoro al secondo posto rispetto alla famiglia”, scelta dal 19% degli interpellati (14% uomini, 23% donne) con gli ultra 54enni (26%) e le Isole (33%) ai massimi. La presunta minore mentalità imprenditoriale posseduta dalle donne rispetto agli uomini è indicata dal 9% del panel (12% uomini, 7% donne): una scelta principalmente diffusa tra i più giovani e nel Nord Ovest. All’8% si fermano quanti danno altre risposte.
L’indagine dà per scontato che in Italia, alla morte di un titolare d’impresa familiare, capiti perlopiù che la gestione dell’azienda sia affidata ai figli maschi. E ne chiede il motivo ai partecipanti. Il 39% ritiene che i figli maschi siano indirizzati fin da piccoli a prendere in mano il futuro dell’azienda. A rispondere in questo senso sono il 43% degli uomini e il 35% delle donne. Tra gli ultra 54enni i più convinti (45%) così come tra quanti abitano le regioni del Sud (43%). Più distanziata una seconda motivazione – le donne sono ritenute meno in grado di fare impresa – scelta dal 23% del totale (17% uomini, 29% donne) con livelli più elevati tra i 18/34enni (31%) e nel Nord Est (26%). Su questo presupposto, però, è diffusa l’incertezza, che raggiunge il 38% complessivo degli interpellati.
Sul fronte dei rapporti fra sessi sul lavoro sono interessanti due quesiti: potendo scegliere si preferiscono uomini o donne per capi o per colleghi/collaboratori di lavoro? Su entrambe le domande è diffusa l’indifferenza, che raggiunge il 76% per i capi e il 66% per colleghi/collaboratori di lavoro. Tra i capi l’uomo è preferito dal 14% del totale (14% uomini, 13% donne), le donne dal 10% (9% uomini, 12% donne). Sui colleghi/collaboratori l’uomo è indicato dal 18% (14% uomini, 21% donne) e le donne dal 16% (17% uomini, 15% donne).