“Il provvedimento arriva con un ritardo di undici anni. Atteso entro il 2007, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 19 novembre ed entrerà in vigore tra poco meno di un mese, il 19 dicembre 2018. Lo consideriamo comunque positivo, nell’ottica del superamento della disomogeneità delle disposizioni regionali, fattore che favorisce solamente la concorrenza della grande distribuzione a scapito delle piccole imprese artigiane”. Così Claudio Cavalloro, presidente di CNA Agroalimentare di Viterbo e Civitavecchia, sul decreto del Ministero dello Sviluppo Economico che disciplina la denominazione di “panificio” – “pane fresco” e l’adozione della dicitura “pane conservato”.
“Come hanno osservato i rappresentanti della nostra Confederazione nel corso della recente audizione presso la Commissione Industria del Senato sui disegni di legge presentati in materia di produzione e vendita di pane – afferma Cavalloro -, le differenze esistenti tra le regioni riguardo alle tipologie di pane fresco prodotte e la mancanza di controlli adeguati sui prodotti confezionati, spesso esposti accanto a quelli freschi, sollecitano l’emanazione di regole chiare, valide per tutti, da Nord a Sud. Il decreto costituisce un passo verso questa direzione”.
Ai parlamentari, CNA ha consegnato le proposte elaborate, dopo una fase di consultazione della categoria, con il contributo dell’Università di Pisa. Secondo il presidente territoriale di CNA Agroalimentare, “è necessario tutelare maggiormente consumatori e panificatori artigiani. Le piccole imprese faticano, anche nei nostri territori, a contrastare la grande distribuzione organizzata. Chiarezza delle regole e buona informazione sul processo di lavorazione e sulla qualità del prodotto artigianale, servono, possiamo dire, proprio come il pane”.
Ed ecco cosa prevede, in sintesi, il decreto in vigore a breve.
E’ considerata panificio “l’impresa che dispone di impianti di produzione di pane ed eventualmente altri prodotti da forno e assimilati o affini e svolge l’intero ciclo di produzione, dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale”.
Si definisce “pane fresco” il pane preparato seguendo un processo di produzione continuo ovvero privo di interruzioni finalizzate al congelamento o alla surgelazione (ad eccezione del rallentamento della lievitazione), privo di additivi conservanti e di altri trattamenti con effetto conservante. Perché il processo sia considerato continuo, non deve intercorrere un intervallo di tempo superiore alle 72 ore dall’inizio della lavorazione fino al momento della messa in vendita del prodotto.
La CNA è, in particolare, completamente d’accordo sulla definizione di “pane conservato o a durabilità prolungata”. Parliamo del pane non preimballato (venduto sfuso) per il quale viene utilizzato, durante la preparazione o nell’arco del processo produttivo, un metodo di conservazione ulteriore rispetto a quelli sottoposti agli obblighi informativi previsti dalla normativa nazionale e dell’Unione europea: questo deve essere posto in vendita in scomparti appositamente riservati e con una dicitura aggiuntiva che evidenzi il metodo di conservazione utilizzato, nonché le eventuali modalità di conservazione e consumo.
Info: CNA Agroalimentare, allo 0761.2291.