manifatturaNel terzo trimestre 2018 il prodotto interno lordo dell’Italia ha segnato una variazione nulla che sopraggiunge dopo quattordici trimestri consecutivi di crescita.

La battuta di arresto della nostra economia interrompe la fase espansiva più prolungata degli anni Duemila e, secondo le stime dell’Istat, potrebbe essere seguita da una variazione negativa negli ultimi tre mesi dell’anno. Inoltre, essa rende improbabile il raggiungimento dell’obiettivo di crescita per il 2018 fissato dal governo al +1,2%.

Il rallentamento del PIL è stato anticipato dalla flessione della produzione manifatturiera, che, dopo avere accompagnato la crescita della nostra economia fino al 2017, nei primi tre trimestri del 2018 ha registrato tre diminuzioni congiunturali consecutive (-0,1% nel primo trimestre e -0,2% sia nel secondo che nel terzo trimestre).

Nonostante i livelli di produzione complessivamente realizzati nel periodo gennaio-settembre 2018 superino ancora di 2,1 punti percentuali quelli del corrispondente periodo 2017, le tre contrazioni consecutive rappresentano una circostanza importante da non sottovalutare.

Se infatti, nei recenti anni di crescita, l’espansione della produzione manifatturiera ha proceduto a un ritmo notevolmente più sostenuto rispetto a quello del Pil (rispettivamente +7,7% contro +4,5% nel periodo 2014-2017), in questa fase la contrazione dell’attività della nostra industria di trasformazione si sta diffondendo rapidamente tra i diversi settori e sembra quindi poter condizionare in termini negativi l’espansione dell’intera economia.

Infatti, nel terzo trimestre dell’anno in corso, sette ambiti produttivi su tredici hanno accusato variazioni negative rispetto ai tre mesi precedenti. Si tratta di una situazione che contrasta fortemente con quella del corrispondente periodo 2017, nel quale l’aumento complessivo della produzione (+2,1%) era stato determinato dalla quasi totalità dei comparti produttivi (gli unici due settori a non partecipare alla crescita erano stati l’abbigliamento e l’elettronica).

Le difficoltà appaiono diffuse e riguardano sia i comparti tradizionali del Made in Italy (alimentari, legno, altre industrie manifatturiere) sia i comparti produttori di beni intermedi e strumentali (prodotti petroliferi e gomma/plastica).

Tra i settori la cui produzione è diminuita, figura anche quello dei mezzi di trasporto (-1,5%). Si tratta del settore che più di altri ha dato impulso alla rimonta della manifattura italiana, mettendo a segno una crescita cumulata del 35,4% nel periodo primo trimestre 2014 – terzo trimestre 2018, sintesi di ben 16 incrementi congiunturali su 19. La sua battuta di arresto appare preoccupante, considerando anche che nella fase espansiva esso ha trainato molte produzioni intermedie e complementari (in primis la meccanica e la chimica), in virtù delle forti e numerose interdipendenze esistenti con altri settori, e ora potrebbe contribuire ad acuire il momento di ripiegamento.

Se si protrarrà nel tempo, il mutamento congiunturale in atto avrà ovviamente ripercussioni severe sull’occupazione, che già oggi ha perso lo slancio dell’ultimo triennio, e metterà a dura prova soprattutto le imprese di dimensione micro o piccole che si trovano ad operare nelle filiere spesso in condizioni di sub-fornitura. Per queste imprese, che rappresentano il 97,5% della base produttiva e il 54,0% dell’occupazione manifatturiera, il decisore politico ha ancora la possibilità, da qui alla fine dell’anno, di inserire nella Legge di Bilancio in esame in Parlamento i provvedimenti necessari ad aumentarne la solidità patrimoniale e la posizione competitiva.