La scoperta della Cina e del suo mercato, dopo le grandi imprese, ora tocca alle Pmi. Un mercato quello cinese che può riservare grandi prospettive, ma anche pericolose insidie, a partire dal furto della proprietà intellettuale, ovvero del proprio marchio o del brevetto, quindi di nomi aziendali, di prodotti, tecnologia o design. Ecco allora un decalogo per i piccoli imprenditori italiani. Istruzioni per l’uso realizzate con il contributo di un esperto dell’EU China IPR SME Helpdesk.
Significa “Piccole e Medie Imprese”, ma in questo caso potremmo ribattezzare le PMI in “Piccoli Marcopolo Italiani”, visto che la scoperta della Cina e del suo mercato, dopo le grandi imprese, ora tocca a loro. Un mercato quello cinese che può riservare grandi prospettive, ma anche pericolose insidie, a partire dal furto della proprietà intellettuale, ovvero del proprio marchio o del brevetto, quindi di nomi aziendali, di prodotti, tecnologia o design.
Ecco allora un decalogo per i piccoli imprenditori italiani che desiderano affacciarsi sul mercato cinese. Istruzioni per l’uso realizzate con il contributo dell’avvocato Davide Follador, legale residente a Pechino, esperto dell’EU China IPR SME Helpdesk, intervenuto a Bologna in occasione di “Are you ready for China? Business opportunities for Italian SMEs in the chinese market”, l’iniziativa frutto della collaborazione tra Cna, EU SME Centre (il Centro dell’Unione Europea che fornisce servizi e sostegno alla Pmi europee interessate al mercato cinese), Ministero degli Affari Esteri, Ambasciata d’Italia in Cina e Camera di Commercio Italiana in Cina.
“I cinesi sono molto bravi a imitare quello che è stato fatto bene dagli altri – spiega Follador – e nella cultura cinese tradizionale non rappresenta un disvalore sociale imitare le creazioni altrui. Da un punto di vista di apparato normativo si è fatto molto per contrastare questo fenomeno: le forti pressioni esterne, soprattutto degli Stati Uniti e anche dell’Unione Europea, hanno portato a leggi repressive della contraffazione molto severe sotto il profilo punitivo, adeguate agli standard internazionali imposti dall’adesione al WTO, ma è ancora un grosso problema culturale e le dimensioni del fenomeno richiedono qui azioni più incisive che altrove. Per questo occorre proteggersi e tutelare il proprio marchio, design o brevetto già prima di entrare nel mercato cinese. In Cina infatti – continua Follador – vige il principio secondo cui ‘chi prima registra detiene il diritto’ e il rischio è che se il proprio marchio viene registrato da qualcun’altro (concorrente o distributore sleale) non solo non lo si può più registrare, ma chi lo detiene potrà ostacolare la distribuzione o saranno le stesse autorità amministrative a porre ostacoli, ad esempio, all’atto di richiedere una licenza per l’apertura di punti vendita. Lo stesso valga per la tecnologia e il know how. Se non brevetto la tecnologia o non proteggo il know how con strumenti contrattuali e insegno come realizzare un manufatto o un processo produttivo a un partner cinese, questo potrà in futuro farne uso liberamente per farci concorrenza”.
E allora ecco un piccolo decalogo:
1) Proteggere la proprietà intellettuale prima di affacciarsi sul mercato
Vi sono casi di imprenditori italiani presenti sul mercato cinese da tempo che soltanto dopo anni si accorgono che il loro marchio o la tecnologia sono stati copiati.
In altri casi, l’impresa ha scoperto di essere stata “clonata” solo nel momento in cui si sono presentate opportunità di mercato in Cina e si è trovata nell’impossibilità di sfruttarle
2) Conoscere il mercato e il contesto socio-economico cinese
Per farlo è altamente consigliabile stare in Cina, per osservare e capire “come si fanno gli affari” e se il mercato cinese è adatto alla propria impresa. Non è detto, infatti, che sia così.
3) Evitare nei rapporti di collaborazione con partner cinesi atteggiamenti prevenuti o presuntuosi
Spesso gli imprenditori italiani – continua Follador – si presentano in settori in cui rappresentano l’eccellenza e per questo si comportano in maniera un po’ arrogante e inadeguata al contesto, convinti di poter insegnare e non aver nulla da imparare. Siamo noi, i nostri prodotti e il nostro modello d’impresa a doversi adattare al mercato cinese e non viceversa.
4) Darsi degli obiettivi di business plan molto conservativi
Il mercato cinese è molto interessante e promettente, ma anche difficile. I risultati si ottengono sul medio-lungo periodo. All’inizio si tratta soprattutto di far fronte a costi e investimenti (logistica, marketing, costituzione di una società) e bisogna essere pronti a sostenerli.
5) Avvalersi di personale qualificato sul posto
Per essere competitivi sul mercato bisogna essere presenti con persone fidate, oltre che esperte. Per alcuni ruoli commerciali può essere più indicato del personale cinese che parli italiano o inglese, perché la lingua rappresenta una barriera, oltre che una fonte di rischio. Le trattative di solito si svolgono in cinese. Talvolta contratti sottoscritti in inglese, una volta tradotti in cinese, risultano inefficaci nei confronti della controparte cinese per errori di traduzione.
6) Fare attenzione alla scelta del partner
Non fidarsi del primo partner che vi promette di conquistare il mercato cinese o che avete conosciuto in fiera o trovato su Internet. L’affidabilità di un potenziale partner va controllata e verificata prima di investire avvalendosi di supporto professionale se necessario.
7) Evitare di concedere facilmente esclusive territoriali
Verificare sempre (e diffidare) di distributori che chiedono l’esclusiva per tutto il mercato cinese. La Cina è grande come un continente, raramente si è in grado di coprire l’intero mercato e concedere un’esclusiva oggi al soggetto inadeguato potrebbe limitarci in futuro. Verificare la “forza” del partner.
8) Fare massa critica e rete
Tra italiani, ma ancor meglio con europei. Si possono creare sinergie vincenti, fare “massa critica” senza essere poi competitor sul mercato nazionale, così superando una delle “naturali” caratteristiche ma anche debolezze dell’imprenditoria italiana, ovvero la ridotta dimensione e capacità di investimento.
9) Buon senso e cautela
Un altro rischio, così come per tutti i mercati stranieri, è quello dei pagamenti e delle frodi. “Talvolta le caratteristiche del prodotto commissionato, che va pagato in anticipo, non corrispondono a quanto ordinato”, dice Follador. Per questo la prima regola è approfondire e verificare, attraverso vari strumenti, da Internet alle visure, l’affidabilità del fornitore-cliente. Attenzione inoltre alle frodi bancarie. Prestare attenzione ai contratti che disciplinano le forniture, munirsi di accordi di riservatezza per i primi incontri d’affari.
10)Affidarsi a esperti
In caso di dubbi e controversie, in Cina operano anche consulenti italiani che possono aiutare le imprese italiane. Prime informazioni e sostegno alla Pmi europee interessate al mercato cinese, inoltre, sono offerti anche dall’EU SME Centre dell’Unione Europea.